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Questo articolo è stato pubblicato il 25 ottobre 2014 alle ore 08:41.

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Sandra, ovverossia Marion Cotillard versione emaciato-engagée, è una nuova povera e come tale s'avvia nel mondo: canottiera fluo genere H&M, zeppe da mercato, tuppo in testa. È appena stata licenziata da una generica fabbrichetta della provincia belga, può essere reintegrata solo se i colleghi rinunciano a 1.000 euro l'anno per – di fatto – pagarle il posto. Ha un solo weekend per convincerli, uno a uno, tipo La parola ai giurati. Da che ho visto a Cannes il bellissimo Due giorni, una notte dei fratelli Dardenne (esce il 16 novembre) penso e ripeto e scrivo una cosa sola: quei 1.000 euro sono gli 80 di Renzi. Sono il segno del bisogno immediato, il lavoro è guerra sociale senza quartiere, ora o mai più. Da maggio a oggi ne abbiamo visti molti altri, di film. Ricordo qui il blockbuster estivo “Sindacati 4 - L'era dell'estinzione”, starring Camusso e la transformer Madia, superato negli incassi quest'autunno dal cinecomic “I guardiani dell'Articolo 18”. Film che ci siamo fatti da soli: il cinema italiano, nel frattempo, dormiva sulle sudate carte del favoloso Leopardi versione Teatro Valle okkupato. È la combo che ci trasciniamo da anni: «[Il cinema italiano] si è ristretto. L'appartamentino, gli amici, il quotidiano, i sentimenti privati». Non lo dice il primo che passa per strada. Lo sostiene un regista come Ettore Scola, uno che, quando metteva in primo piano i sentimenti privati (semplificando, e di molto), faceva comunque Una giornata particolare. Chiedi ora: film italiani che parlano di lavoro. Vi risponderanno: La classe operaia va in paradiso. È del '71, i precari di oggi non sapevano ancora che lo sarebbero diventati, fondamentalmente perché non erano nati. L'ultimo che c'ha provato è stato Ivano De Matteo con Gli equilibristi, uscito due anni fa. Valerio Mastandrea perdeva il posto. Due scene dopo (massimo tre) lo si vedeva in fila alla mensa dei poveri. Senza spiegazioni psicologiche e sociali, o anche solo narrative. Il film dobbiamo continuare a farcelo da soli. I nostri sceneggiatori, anche quando hanno le migliori intenzioni, non ci riescono. O fanno andare in giro i nuovi poveri con l'eskimo firmato, mica in canottiera fluo.

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