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Questo articolo è stato pubblicato il 25 ottobre 2014 alle ore 08:40.

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Qualcuno di voi conoscerà la storia di quando a Karlheinz Stockhausen fecero ascoltare un brano del signor Richard D. James, meglio noto come Aphex Twin. Era il 1995 e la stampa aveva ribattezzato Aphex «il Mozart della techno» (giuro!), ma il vecchio campione dell'avanguardia elettronica non si fece fregare e consigliò al più giovane collega di «riascoltarsi la mia Gesang der Jünglinge (…) almeno la smetterebbe con tutte queste ripetizioni post-africane e cambierebbe un po' il tempo e il ritmo». Eppure, appena vent'anni prima, il misticheggiante Stockhausen aveva mostrato una certa simpatia verso quei giovinastri che, pur senza essere andati al conservatorio, si dilettavano con oscillatori e filtri. Sotto la sua ala protettrice si erano formati musicisti rock tipo Holger Czukay dei Can, e a un certo punto venne a fargli visita pure un italianissimo capellone di nome Franco Battiato. Per il futuro autore di Cuccurucucù l'incontro fu così intenso da spingerlo a dedicare al maestro tedesco un album intero (il bellissimo Clic, 1974).

Tra avanguardia e freak
Erano gli anni in cui Battiato tentava una singolare via di mezzo tra avanguardia, elettronica pop e spiritualismo freak, e a quel periodo il cantautore siciliano è sempre rimasto molto legato: quando andai a trovarlo nella sua casa alle pendici dell'Etna, passammo praticamente tre quarti della conversazione a rimembrare gli eroici anni in cui smanettava sul sintetizzatore VCS3 e Propiedad Prohibida ancora non era diventata la sigla di Tg2 Dossier. Solo dopo sarebbe diventato la popstar che oggi conosciamo, ma quell'epoca che per i fan va sotto il nome di “Battiato sperimentale” ha finito col tempo per conquistarsi un tenace seguito di culto, anche se più all'estero che in Italia: secondo il musicista e produttore Jim O'Rourke, «molta musica degli anni Novanta fu segretamente ispirata da Battiato», ed è qui che intervengono figure come Aphex Twin e gli alfieri di quella che all'epoca andava sotto il nome di “techno intelligente”. Cioè, non so se Aphex sia effettivamente un fan di cose come Clic, ma di sicuro i Novanta furono un decennio che sembrò resuscitare il legame tra musica elettronica e pubblico genericamente “rock”, esattamente come era accaduto vent'anni prima.

Benvenuti nel 1995
Adesso comunque sono tornati tutti e due: Aphex Twin con un disco, Syro, che pare piovuto direttamente dal 1995. Battiato (assieme al produttore Pinaxa) con il progetto Joe Patti's Experimental Group, che teoricamente lo riporta agli esperimenti dei Settanta e che in realtà pare uscito nel 1995 pure lui. La differenza tra le due uscite è innanzitutto questione di ordini di grandezza: Syro è uno degli eventi discografici dell'anno; Joe Patti's Experimental Group la stranezza di un tipo che di stranezze ne ha firmate tante, e la sua eco è perlopiù circoscritta a Sud delle Alpi. È insomma difficile che il pubblico del primo si interessi alle uscite del secondo, e viceversa; ma l'ascolto in parallelo dei due lavori solleva un'inevitabile sensazione di déjà vu, oltre che il sospetto che in entrambi i casi i due abbiano come voluto riaffermare – magari per via inconscia – una specie di primogenitura, uno status di pionieri-maestri conquistato in luoghi e tempi diversi e inevitabilmente corroso dal tempo, perché no dalle mode.

Detto che Syro è un buon disco e che Joe Patti boh, è altresì chiaro che se uno volesse toccare con mano lo stato dell'arte della “musica elettronica” nell'anno 2014 dovrebbe rivolgersi altrove (chessò, al Punish, Honey del britannico Vessel; o alle voragini post-R&B di una FKA Twigs; o alle gelate del nu-eski inglese; o... ma la lista sarebbe abbastanza lunga). E così, i due avventurosi pionieri che marchiarono a fuoco le futuribili traiettorie del suono elettronico, adesso restituiscono tuttalpiù un agrodolce sapore... ma sì, di nostalgia. Anche un po' di tenerezza. «Cambiare il tempo, cambiare il ritmo», suggeriva Stockhausen. Ma che ne sapeva lui, che nel 2014 ci sarebbe toccato il Nineties revival.

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