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Questo articolo è stato pubblicato il 29 ottobre 2014 alle ore 08:18.

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L'offerta di serie tv apocalittiche non è mai stata così abbondante e nelle ultime settimane, per chi è al passo con il calendario americano, si sono accavallati scenari diversi: mentre terminava la prima stagione di The Leftovers andava in onda quella di The Strain, una volta finita The Strain è cominciata la quinta stagione di The Walking Dead. L'apocalisse negli anni Dieci è intesa come fine della civiltà, del progresso, e viene quasi da rimpiangere le distruzioni del pianeta del secolo scorso.

The Leftovers è la più raffinata delle tre. Va in onda su Hbo ed è tratta dal libro omonimo di Tom Perrotta (che il New Yorker aveva paragonato a Cechov per il libro precedente Little Children). Damon Lindelof, il produttore, è uno degli autori di Lost. La trama si ispira al rapimento descritto nella Prima lettera ai Tessalocinesi (Nuovo Testamento): che succede se un giorno a caso il 2 per cento della popolazione mondiale sparisce nel nulla? Nessuna ascensione: le auto guidate dalle persone sparite vanno a sbattere. E nessun significato: spariscono neonati innocenti e stupratori carcerati. Qualcuna delle persone rimaste prova ad elaborare il lutto; altre si rifiutano di accettare le nuove condizioni di vita e formano una setta, i Guilty Remnant. Si vestono di bianco, fumano una sigaretta dietro l'altra e si aggirano per Mapleton, la cittadina in cui è ambientata la serie, come fantasmi, come ricordi viventi di quanto accaduto.

Una realtà così lontana dalla nostra dovrebbe risultarci innocua, ma anche noi è da secoli che riflettiamo sulla possibilità che Dio non esista e che il dolore in terra non abbia spiegazioni trascendenti. Solo che ci ostiniamo a non impazzire. Anche se libro e serie non si riferiscono direttamente all'11 settembre, i rimandi sono voluti, il discorso tenuto durante il memoriale del rapimento da una donna a cui è sparito il marito con due figli piccoli mentre facevano colazione (personaggio interpretato dall'ottima Carrie Coon che vedremo anche in Gone Girl di David Fincher) ricorda da vicino quello dei familiari delle vittime delle Torri gemelle. «Qualsiasi cosa orribile accada, la civiltà sembra andare avanti», ha detto Perrotta alla National Public Radio. In un episodio un membro dei Guilty Remnant viene lapidato dai cittadini esasperati e Melissa Maerz ha scritto su Entertainment Weekly che si è sentita «come se quella scena mi stesse punendo per qualcosa».

In The Strain il problema apparente sono i vampiri, ma oltre ai rimandi di genere e alle innovazioni da fumetto dei Guillermo del Toro e Chuck Hogan che l'hanno scritta, anche in questo caso il vero male sono gli esseri umani. A trasformare le persone di New York in vampiri è un virus arrivato dalla Germania con un aereo atterrato al Kennedy senza che i piloti diano segni di vita (come il Dracula di Stocker arriva in Inghilterra con una nave fantasma), ma i vampiri sono connessi a un vampiro centrale (che somiglia al Nosferatu di Murnau). Si nutrono attraverso una proboscide collegata al loro apparato digerente e per ucciderli bisogna sparargli con pallottole d'argento o esporli alla luce del sole. Il protagonista è un anziano ebreo immigrato, che ha visto per la prima volta il vampiro nel campo di concentramento di Treblinka: il vampiro nella circostanza era aiutato dai nazisti.
Il piano reale e quello fantastico si mescolano: «Devo ricordare», dice l'anziano parlando delle persone morte, «per fare in modo che non siano morti invano».

Del Toro ha raccontato a Wired di aver pubblicato The Strain come libro (il primo di una trilogia) nel 2009 perché Fox (che adesso la produce per il canale Fx) gli aveva chiesto di farne una commedia. «Ovviamente ho risposto: no grazie. Posso avere indietro il mio copione?».

Una storia simile a quella di Robert Kirkman, che per far accettare il progetto di The Walking Dead, rifiutato all'inizio perché gli zombie sono noiosi, si è dovuto inventare la sotto-trama di una razza aliena pronta a invadere il pianeta una volta svuotato degli umani. Il fumetto è del 2003 e ancora esce in edicola, ma non c'è traccia di un'invasione aliena imminente. La serie tv di Amc si distanzia in più di un punto dall'originale (personaggi mancanti, o inventati di sana pianta, che muoiono al posto di altri) ed esaspera l'atmosfera priva di speranza rinunciando a un po' di azione del fumetto. La seconda stagione, particolarmente deprimente, è stata descritta da Ken Tucker (anche lui su Entertainment Weekly) come «la parodia di uno spettacolo Samuel Beckett». Gli uomini di The Walking Dead vivono in un mondo brutale senza società e senza futuro (e senza libri, senza cinema, senza internet) chiedendosi a ogni inquadratura se ne vale davvero la pena.

The Strain e The Leftovers sono state da poco rinnovate per una seconda stagione, mentre i produttori di The Walking Dead dicono di sapere già cosa succederà nella decima o nella dodicesima stagione. Così potremo continuare a farci intrattenere delle nostre ansie ancora a lungo. Se il mondo non finisce sul serio.

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