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Questo articolo è stato pubblicato il 29 ottobre 2014 alle ore 08:19.

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Un tempo le trilogie erano il marchio di eccellenza dei grandi racconti cinematografici: Guerre Stellari, Indiana Jones, Ritorno al Futuro – o Il padrino, per uscire dal fantastico – sono stati amati proprio per la loro abbondanza, come se quelle storie avessero bisogno di tre lunghi atti a sigillo di quanto fossero speciali. La narrazione poteva così scorrere più fluida, alternando momenti di quiete a esplosioni di azione, sostenuta dalla certezza che il copioso svolgimento fosse necessario. Queste storie hanno ottenuto lo status di vere e proprie saghe, come vengono ricordate ancora oggi.

CHI SONO I BUONI E I CATTIVI
A fine novembre esce in tutto il mondo Hunger Games: Il canto della rivolta Parte 1 (in Italia il 20), adattamento di metà del terzo e ultimo volume della serie omonima di romanzi young adult di Suzanne Collins ambientati in un futuro disperato e totalitario. Gli ex Stati Uniti, rinominati Panem, sono divisi in distretti lager da cui ogni anno vengono sorteggiati dei giovani perché si ammazzino tra loro in un contest televisivo per il divertimento dei cittadini abbienti di Capitol City e il controllo rituale dell'ordine pubblico. Tra i guerrieri sorteggiati c'è Katniss Everdeen, interpretata da Jennifer Lawrence (American Hustle, Il lato positivo, The Fappening), che nel corso della storia diventa simbolo antisistema e paladina della rivoluzione. Il film pesca dallo stesso genere letterario per adolescenti inquieti che ha prodotto Twilight e succedanei come Divergent e The Maze Runner: romanzi seriali, già pronti per passare dalla pagina allo schermo, che parlano di giovani in lotta contro un sistema che li vuole reprimere.

Tecnicamente queste serializzazioni si chiamano franchise, ovvero “un marchio sotto cui viene distribuita una varietà di prodotti”. Ma al pubblico viene sempre venduta l'idea, più romantica, di saga: così abbiamo la “saga” di Batman, la “saga” di Spider Man, o quella degli X-Men. Ma la differenza tra la buona e la cattiva serializzazione sta proprio nella distinzione tra saga e franchise, e cioè tra un autentico arco narrativo distribuito su più film, capace di creare empatia e mantenere coerenza, e un mero accumulo di connessioni più o meno pretestuose tra film che hanno continuità solo di personaggio e marchi. In questa seconda categoria ricadono quei film di supereroi che tra sequel (Iron Man), reboot (Spiderman) e spin-off (The Avengers) perpetuano un universo sempre uguale, che si accetta a scatola chiusa, e si torna a vedere a ogni episodio senza il carico emotivo di quello precedente, tanto che si possono vedere anche in ordine sparso.

Hunger Games, invece, vuole ricreare un'autentica saga cinematografica. Oltre alla continuità emotiva, troviamo una cura vecchia maniera dei grandi temi: c'è la critica della civiltà dell'immagine (la morte in diretta, Katniss costretta a fingere una relazione col suo compagno di distretto per guadagnare simpatie), la povertà della popolazione, la segregazione e la brutalità del controllo militare. L'aristocrazia dominante è rappresentata con un trionfo di parrucche, strati di trucco e barbe arabescate incrociando Lady Gaga e Orwell, come in Matrix – uno dei pochi tentativi recenti di vera e propria saga, fallito perché i sequel non furono all'altezza del primo – Neo e compagni vestivano con un improbabile look fetish-ecclesiastico.

EPICA REALE E RISCHIO MATRIX
Resta da vedere se lo spostamento dello scontro dall'arena dei Giochi al mondo reale del terzo episodio nuocerà alla saga come successe al secondo e al terzo Matrix, che persero smalto e idee man mano che l'azione si allontanava dalla “matrice” per scendere nelle viscere della terra. In ogni caso, Hunger Games ha già dimostrato di saper colpire l'immaginario: la scorsa estate in Thailandia i manifestanti contro il colpo di stato militare hanno cominciato a fare lo stesso saluto dei ribelli di Panem, con il braccio teso e tre dita unite. Basterebbe questo per avere voglia di sapere come andrà a finire la saga di Katniss Everdeen, anche se saremo costretti a vedere il capitolo finale diviso in due film: anche le saghe devono pagarsi le bollette.

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