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Questo articolo è stato pubblicato il 02 novembre 2014 alle ore 08:16.

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Thor Heyerdahl oggi avrebbe cento anni. Lo festeggiamo in assenza, se n'è andato il 18 aprile 2002, concludendo la sua vita in modo appartato, nel silenzio di un villaggio ligure, Colla Micheri. Da lì il mare si vede a distanza, non si sente il vociare della riviera, e si familiarizza di più con i monti che stanno alle spalle del borgo. Sono le prime propaggini delle Alpi, più un annuncio che una vera presenza, un cenno verde, profondo e silenzioso: anche il nastro grigio dell'autostrada, da lontano, non fa rumore.
È curioso che un personaggio che, a suo tempo e a lungo fece notizia sia nel mondo della scienza che nell'immaginario della gente per essere stato un protagonista del mare, per avere rinnovato le gesta dei navigatori antichi e fatto assaporare il gusto salato dell'avventura, si fosse rintanato qui, tra vecchie mura, a ripercorrere sulla carta i suoi viaggi. La carta ha il potere di dare forza e oggettività alla memoria, e il silenzio e la distanza le diventano alleati, per questo Heyerdahl scrisse molto. Ma documentò molto anche per immagini, film e fotografie di una serie di spedizioni con cui voleva cambiare la lettura della geografia umana, dare la prova certa di quanta mobilità stesse alla radice di popoli antichi. Voleva soprattutto dimostrare che l'acqua è il grande trait d'union tra le terre. Lo si sapeva ormai del Mediterraneo: lo storico francese Fernand Braudel tra gli altri e più di altri ha insistito su questa interpretazione delle civiltà, tracciando sulle montagne una linea di demarcazione per le culture europee, con un sud cui il mare ha dato una sostanziale unitarietà. Ma a lungo gli oceani sono sembrati un'altra storia: Cristoforo Colombo pioniere, la leggenda della navigazione di bolina scoperta molto tardi, sicché le navi si muovevano bordeggiando a un tiro dalle coste per timore di tempeste e derive. Ma poi veniamo a sapere che il concetto di bolina è presente nella lingua greca antica e in quella latina; qualcuno, leggendo l'Odissea, trova buoni motivi per dire che Omero non teme il limite delle colonne d'Ercole e fa viaggiare il suo eroe fino alle coste della Scandinavia, dove vivevano i giganteschi Lestrigoni. E, per uscire dal mito, proprio quei Lestrigoni almeno cinque, seicento anni prima di Colombo erano approdati a Vinland, le coste del nord America, mettendosi per l'alto mare aperto, non per dantesca sete di conoscenza, ma per traffici, affari, il più antico motore del mondo.
Thor Heredahl discende da loro, è nato a Larvik, sud della Norvegia, alle porte del lungo fiordo di Oslo, ha respirato aria di viaggi e di ricerca, con una vocazione precisa, connessa alla scienza più che all'avventura. Il suo corso di studi in biologia, approdato poi all'antropologia e quindi all'archeologia, gli aprì un orizzonte di ricerca che lo portò alle isole del Pacifico. Fu un ricercatore sul campo e a ventitre anni era impegnato nello studio delle popolazioni della Polinesia, da cui trasse ispirazione per il viaggio del Kon Tiki: cento e un giorno di navigazione per coprire più di 4.000 miglia sul Pacifico, dal Perù alla Polinesia francese, con una zattera fatta di legno di balsa. La zattera era stata costruita con materiali e tecniche antichi, e non era una sfida gratuita, ma la dimostrazione di una tesi in cui Heyerdahl ormai credeva con tutta convinzione: erano gli Amerindi i progenitori delle popolazioni polinesiane e il viaggio del Kon Tiki, la barca dedicata al dio del sole, avrebbe dimostrato la fondatezza di questa tesi.
L'impresa, che alla primitività della fattura aggiungeva un apparato tecnologico, dalla radio ai sestanti alle carte nautiche alla presenza di un esperto in meteorologia, arrivò a destinazione e fu salutata come la prova ultima e definitiva della tesi del norvegese. Anni dopo sarebbe stata smentita da un ulteriore affondo scientifico legato alla verifica del Dna.
Ma l'eccezionalità del viaggio rimase un punto fermo e uno stimolo ad altre avventurose partenze per il navigatore del Kon Tiki, i cui altri viaggi con il Ra e poi il Tiger confermarono che anche i mezzi più precari potevano solcare gli oceani e di fatto li avevano solcati. La recente pubblicazione di America dimenticata di Lucio Russo torna sull'argomento e, seppure nomina appena le imprese di Thor Heyerdahl, si muove su questa lunghezza d'onda. Non solo Odisseo e Sindbad il marinaio! Non solo fantasia e letteratura, ma vita vissuta, di cui la letteratura si è fatta interprete. Verrebbe da pensare che dell'elegante vichingo del XX secolo ci si potrebbe impadronire e farne il soggetto di una rinarrazione del suo viaggio e della sua tenace convinzione che il mondo antico si sia per così dire "parlato", pur nella babele delle lingue e delle culture. L'ho pensato vedendo il Kon Tiki Museet di Bygdøy. In questa penisola alla periferia ovest di Oslo, dieci minuti di traghetto dal molo del municipio nella stagione estiva, o mezz'ora circa con l'autobus 30 dal teatro nazionale, è raccolto in quattro diversi musei lo scrigno dell'orgoglio marinaro della Norvegia, dalle navi vichinghe alla nave polare Fram, alle barche di Thor Eyerdahl. Ma l'ho pensato soprattutto davanti alla casa di Colla Micheri, alla torre senza luce elettrica dove il navigatore, ormai anziano, ha ripercorso nella scrittura i suoi viaggi; lì dove è morto, probabilmente senza nostalgie, ben ancorato alla terra, che è in fondo la vera meta di chi va per mare.
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