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Questo articolo è stato pubblicato il 07 novembre 2014 alle ore 10:34.

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Sarà anche considerato dai più un compositore minimalista, ma Neil Young è fatalmente attratto dalla complessità. Per ogni «Cinnamon Girl» e «Hey hey my my» che la sua sterminata discografia annoveri, sull'altro piatto della bilancia troviamo spesso e volentieri una «The Emperor of Wyoming» o una «A man needs a maid». Riff di chitarre distorte e ballate di acustica e voce, certo, ma anche sontuosi arrangiamenti orchestrali con archi, legni e arpe.

Proprio questi ultimi rappresentano la cifra distintiva di «Storytone», ritorno discografico del cantautore canadese in questi giorni in uscita per Reprise Records. Per capirci: dieci nuovi brani registrati prima in acustico e poi arricchiti con potenti arrangiamenti che possono prevedere un'orchestra classica di 92 elementi, un coro o una big band swing. I fan più accaniti magari ricorderanno «Who's gonna stand up», l'inno ecologista («Protect the wild/ tomorrow's child/ Protect the land/ from the greed of man») che l'anno scorso ha portato in tour con i Crazy Horse e al «Farm Aid» ha eseguito in solitaria. Ma qui faranno fatica a riconoscerla, tra violoncelli in sincope e un coro che rinforza il ritornello. «Plastic Flower» è un intro da knock out che, con le dovute proporzioni, fa pensare alle suggestioni pianistiche di «After the Gold Rush».

Ci scappano pure un blues elettrico con bicorde imbottiti di distorsore e sezione di fiati a portare a spasso gli ascoltatori («I want to drive my car»), uno swing sulle origini del blues elettrico («Say Hello to Chicago») che, con quegli inserti chitarristici, non sfigurerebbe nel repertorio dell'ultimo George Benson, e il boogie elettrico «Like I used to do», tra soli di armonica e tappeti di Hammond. Amabilmente malinconica «When I watch you sleeping», ballata country in cui il supporto di un'orchestra sinfonica non si dimostra affatto in conflitto d'interesse con la lap-steel. Chiusura affidata a «All those Dreams», forse il brano più orecchiabile del disco che ci riporta indietro a venti e più anni fa, a quell'«Harvest Moon» che contribuì a convertire alla chitarra acustica la generazione del grunge. «Storytone» è un album consigliato soprattutto a quegli ascoltatori che di Neil Young amano la capacità di spiazzare. È vero, ultimamente Old Neil incide tanto, ma è difficile che faccia un disco di troppo.

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