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Questo articolo è stato pubblicato il 09 novembre 2014 alle ore 14:18.

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In un futuro non troppo lontano, la Terra sta morendo. Colpite da una pestilenza, tutte le risorse agricole si sono estinte, tranne il granoturco, che viene coltivato in distese a perdita d'occhio ed è minacciato da improvvise tormente di sabbia, che inaridisce, copre, consuma, vegetali, libri, macchine. Cooper fa, come quasi tutti, l'agricoltore, nella fattoria di famiglia nella quale vive con il suocero e due figli adolescenti. Ma in realtà Cooper sogna di fare altro, il mestiere per il quale è nato ed è stato addestrato: ingegnere e pilota collaudatore della Nasa, prima che i governi della Terra abbandonassero qualsiasi ricerca scientifica non finalizzata alla produzione di cibo e all'approvvigionamento dell'acqua. Ora, parti dei vecchi droni di sorveglianza e dei vecchi robot vengono riutilizzate per le macchine agricole. Ora, le missioni spaziali del XX secolo sono bandite dalla storia ufficiale, considerate solo «una geniale propaganda». Ora ai ragazzi, anche ai più dotati, viene offerta come unica possibilità quella di fare l'agricoltore. Ma c'è poco da coltivare, perché ormai anche il granoturco stenta. Il tempo dell'umanità sulla Terra sta scadendo.
Comincia qui, in questo universo campestre disseccato che ricorda certe immagini della Grande Depressione o di disastri e tornado americani, Interstellar, l'epopea filosofico-spaziale diretta da Christopher Nolan, talento britannico emerso alla fine degli anni Novanta con i suoi espliciti rimandi wellesiani, diventato autore di culto con Inception e star mondiale con la trilogia di Batman. Nolan è entrato nel faraonico progetto di Interstellar (165 milioni di dollari) dopo anni di incubazione: la sceneggiatura, basata sulle teorie del fisico Kip Thorne sulla possibilità di viaggiare tra i sistemi solari attraverso un wormhole, era stata affidata nel 2007 a suo fratello Jonathan Nolan, e il regista avrebbe dovuto essere Steven Spielberg. All'inizio del 2013 la regia passa Nolan, che rielabora la sceneggiatura, senza dimenticare Spielberg (della cui poetica rimangono tracce ben visibili) e rivolgendo anche lo sguardo, trattandosi di space-opera, a 2001: Odissea nello spazio di Kubrick. Ma forse l'elemento più attraente per Nolan è stato quello dell'andirivieni nel tempo e nelle dimensioni spazio-temporali parallele (asse portante di Inception, insieme alla potenza evocativa degli affetti). Perché l'irrequieto Cooper, che è ancorato ai campi dal l'amore che lo lega a Doyle (che ha già le spalle larghe e solide dell'agricoltore) e a Murphy (che invece, a dieci anni, pasticcia con piccole astronavi, sogna viaggi spaziali e "sente" un fantasma tra i libri), viene guidato dai segnali Morse tracciati da strane forze gravitazionali nella sua biblioteca fino a una base segreta della Nasa e, da qui, sbalzato in un'inaspettata avventura spaziale diretta agli avamposti gettati da precedenti missioni su pianeti di altre galassie dalle caratteristiche compatibili con la sopravvivenza dell'umanità. Piano A: se si trova il pianeta giusto, traferire là i superstiti della Terra. Piano B: se la scoperta arrivasse troppo tardi, impiantare là gli embrioni congelati che l'astronave trasporta. Perciò viaggio nello spazio, attraverso i wormholes e i buchi neri che accelerano i collegamenti tra dimensioni diverse, e una corsa contro il tempo, in atmosfere che lo scandiscono diversamente, per salvare coloro che si amano sulla Terra.
Nolan è sempre stato molto bravo nel tenere insieme il piano fisico-filosofico e quello umanistico delle sue storie; la sua costruzione logica è inattaccabile: non fa errori di sceneggiatura, non crea "paradossi", non si perde pezzi per strada. Ma qui il materiale sterminato lo fa sbandare, narrativamente e visivamente. In pratica, in Interstellar ci sono tre film: un bel film di fantascienza distopica sul progressivo disseccarsi del pianeta, che rimanda a storie come La morte dell'erba di John Christopher, all'isolamento rurale di Signs e The Village di Shyamalan e, nei rapporti tra padre e figli, a Incontri ravvicinati del terzo tipo e altre suggestioni spielberghiane; una space-opera centrale, impostata sul bianco delle astronavi che rotolano come giocattoli nel blu dello spazio e su quello di pianeti invasi da ghiacci o da pallide masse di acqua, una sorta di lunga, scolastica rilettura del capolavoro di Kubrick (irripetibile, fulmineo); infine, il terzo film, escheriano, sulle dimensioni parallele, che riacchiappa il filo con il primo, e inquieta e commuove. Interstellar avrebbe potuto essere un grande film di Spielberg (dalle parti di A. I. o di Incontri ravvicinati); e avrebbe potuto essere un bel film di Nolan, se l'autore non avesse peccato, come gli capita spesso, di hybris.
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