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Questo articolo è stato pubblicato il 14 novembre 2014 alle ore 07:55.
L'ultima modifica è del 14 novembre 2014 alle ore 10:35.

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Morgan (Ipp)Morgan (Ipp)

Che spreco. Se c'era una ragione che rendeva intrigante l'ottava edizione di X Factor, questa ragione si chiamava Spritz for Five. Sono stati eliminati ieri sera dal pubblico tele-votante al Tilt, al termine di una puntata particolarmente concitata, con il giudice di riferimento Morgan che abbandona contrariato il posto di comando al grido di «Lascio X Factor per sempre».

Sarà vero o si è trattato dell'ennesimo colpo di teatro del fondatore dei Bluevertigo che in questi anni più volte ha attizzato la passione del pubblico del talent show di Sky Uno minacciando le dimissioni? Lo scopriremo giovedì prossimo.
Quanto a ieri, non ha gradito – lui che già aveva perso i the Wise – il ballottaggio tra gli ultimi due suoi concorrenti rimasti in gara: da un lato il complesso vocalico friulano, dall'altro i Komminuet. Eppure è stato proprio il Signor Marco Castoldi da Monza a mettere in difficoltà i suoi ragazzi. Perché lui, come direbbe Gaber, a volte è avanti. Più avanti. Troppo avanti: praticamente in fuorigioco. Gli Spritz for Five hanno per esempio dovuto rinunciare al loro schema di complesso vocale per trasformarsi in cinque cantanti solisti ed eseguire «Il gioco del cavallo a dondolo», brano complesso e controverso del maestro Roberto De Simone. Un pezzo del quale il giudice è innamorato (l'ha lui stesso interpretato qualche anno fa). Per presentarlo cita addirittura la vicenda della propria estromissione da Sanremo. La performance ha una sua dignità, ma la precisione dei ragazzi ne risente. Al ballottaggio gli Spritz trovano i Komminuet, il cui adattamento reggae della «Je t'aime moi non plus» di Serge Gainsbourg finisce incompreso, complice un'esecuzione un tantino enfatica di lei. Nello spareggio finale gli Spritz for Five eseguono la fidata «Raioactive» degli Imagine Dragons, i Komminuet «Don't Tell Em» di Jeremih. Morgan elimina i primi sbattendo la porta. Victoria Cabello si allinea alla scelta del Signor Castoldi, mentre Mika e Fedez sentenziano contro il duo rap. Sarà il pubblico a estromettere l'ensemble vocale. Che per paradosso esce nell'unica serata in cui – suo malgrado – non ha fatto l'ensemble vocale.

Mario diventa «Sugar Man»
Del resto era la serata delle canzoni scandalo, dei pezzi che nel corso della storia della musica sono stati bersagliati dalla censura. Il pepe era un ingrediente fondamentale. E allora cantanti pronti a prendersi i loro rischi e giudici dalla polemica facile. Mario ha fatto un figurone su «Sugar Man», brano che si addice alle sue corde di urlatore popolare. Fa piacere che la vicenda di Sixto Rodriguez arrivi al pubblico dei talent, un po' meno che Mika pasticci nell'introduzione storica del cantautore di Detroit (che negli anni Settanta realizzò due dischi, non tre, e non per Motown). Madh fornisce una buona prova nell'interpretazione di «Same love», rap gay friendly di Macklemore. E qui Fedez si cimenta con il suo sport ufficiale, il predicozzo politico anti-casta: suo obiettivo, nel caso specifico, è il deficit di laicità dello Stato d'Italia, causa ingerenze ecclesiastiche. Vivian rischia di finire travolta dal singolare arrangiamento swing della «Like a prayer» di Madonna. Improbabile, quanto la scenografia con gli omini intubati di rosso, la più brutta mai ideata da Luca Tommassini. Lorenzo torna finalmente ai suoi livelli ascendendo alle vette di «Un blasfemo» del grande Fabrizio De André, brano che interpreta con sensibilità moderna. Più è impegnativo il compito che gli si affida, meglio riesce il ragazzo.

«Perfect Day» sciupata da Riccardo
Riccardo non ha capito il senso di «Perfect Day». Si limita a un'interpretazione superficiale, tutta voce impostata. Aggiunge e invece dovrebbe sottrarre. Non si può trattare così Lou Reed. Una performance che grida vendetta. Tanta roba Ilaria, con la sua re-interpretazione di «I'm on fire» di Bruce Springsteen. Pezzo riarrangiato, reso appena un po' più pop ma perfettamente credibile grazie al particolarissimo timbro che la ragazza di Signa si ritrova. La montagna più alta da scalare è di sicuro quella che tocca a Emma, con l'immortale «Strange Fruit» di Billie Holiday. La sua versione è barocca, sembra quasi un pezzo di Annie Lennox ma almeno la cantante scozzese ha compreso il senso del pezzo. Quanto a «Canzone per gli artisti» di Freak Antoni, è distante anni luce dall'immaginario musicale di riferimento di Leiner, eppure il ragazzo se la cava, creando un pezzo di teatro tutto sommato divertente. La gara si appresta a entrare nel vivo. Un peccato aver perso dei potenziali protagonisti.

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