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Questo articolo è stato pubblicato il 24 novembre 2014 alle ore 16:20.

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La sera del 24 novembre del 2103, Emanuele, un ragazzino di appena 16 anni salutò i suoi genitori e le sue sorelle e andò a una cena con degli amici più grandi. Con la leggerezza della sua età accettò di provare un ‘francobollo', un acido, che qualcuno dei questi amici più grandi gli offrì: “Cosa vuoi mai che succeda, lo fanno tutti”, avrà pensato mentre se lo appoggiava sulla lingua. Successe la fine del mondo, il suo mondo. Perché, come a volte succede, quell'acido gli ‘salì' male, lo traghettò nell'angoscia più nera: erano le due di notte quando Emanuele guardando il Chiese, un fiume che passa vicino a casa sua a Gavardo (nel Bresciano) si buttò in acqua, esattamente nello stesso punto dove una decina di anni prima, accompagnato dal suo papà, aveva liberato un pesciolino rosso.

Il corpo di Emanuele fu trovato alcune ore dopo a duecento metri da dove lui e il suo pesciolino si erano tuffati, trovando entrambi lo stesso destino di morte (il pesciolino fu infatti inghiottito da un'anatra sotto gli occhi sgomenti del bambino e quelli più divertiti del suo papà). E proprio questo papà, Giampietro Ghidini, che la notte della morte di suo figlio era pronto a seguirlo incapace di immaginare la sua vita senza di lui, ha trovato in quella fine senza senso il senso della sua vita. A pochi giorni di distanza dalla morte di Emanuele ha infatti creato una fondazione che si impegna a tenere i ragazzi a rischio lontani dalla droga.

Pesciolino rosso, è il nome di questa fondazione, che conta circa 66mila like su Facebook, e che in meno di un anno si è già impegnata in tante iniziative per i ragazzi: dall'aiutarli a trovare lavoro all'offrirne essa stessa, fino all'organizzare un giro d'Italia in bici per diffondere la cultura del rispetto della vita e del tenersi lontani dalle droghe.

“Pochi giorni dopo la morte di mio figlio – racconta Giampietro mentre si asciuga rapido una lacrima – sognai di trovarlo nudo in fondo al mare e di salvarlo riportandolo in superficie: fu un'illuminazione. Capii che, seppure il dolore della perdita di Ema mi avrebbe accompagnato per sempre, sarei riuscito a dare un senso a quello che era successo a lui impegnandomi a fare in modo che non succedesse ad altri ragazzi. Così ho creato la fondazione per Emanuele, così ho scritto il libro ‘Lasciami Volare' pensato per padri e figli che fanno fatica a parlarsi. Così sono andato in televisione a parlare di Emanuele e di quella sciocchezza che gli è costata la vita, così vado nelle scuole, ovunque mi chiamino a parlare della storia di mio figlio. Così ho coinvolto due ragazzi a fare il giro d'Italia in bici, con me. Perché pedalando, faticando, guardando la meraviglia della natura, non ci si pensa alla droga, ci si salva la vita”. Così, infine, oggi a un anno dalla morte di suo figlio Giampietro fa tutto quello che può per i figli degli altri.
Informazioni sulla fondazione si trovano su

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