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Questo articolo è stato pubblicato il 28 novembre 2014 alle ore 11:22.
L'ultima modifica è del 16 aprile 2015 alle ore 18:32.

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Frank ZappaFrank Zappa

La buonanima di Frank Zappa, trapassato (ma niente affatto remoto) 20 anni fa, era ossessionato dalle sue origini italiane. Le celebrò nel 1984, con l’album «Francesco Zappa», dedicato a un suo oscuro antenato milanese, maestro del violoncello barocco. Certe ossessioni devono essere felicemente ricambiate, perché se si guarda all’élite del jazz contemporaneo d’Italia non è affatto difficile intercettare il fantasma del baffuto, pizzuto e instancabile compositore di Baltimora.

Provate a chiedere a Stefano Bollani e Paolo Fresu, usciti in questi giorni con due progetti musicali così azzardati e intriganti che potrebbero essere stati concepiti nel leggendario «Joe’s Garage». Due dischi di respiro internazionale, per provenienza degli artisti che vi collaborano e ambizione. Zappiani, nel senso più o meno esplicito del termine.
Stefano lo «Sceicco».

Si chiama «Sheik yer Zappa» l'ultima fatica di Bollani, esplicitamente zappiana. Il titolo rimanda a «Sheik Yerbouti», disco di caba-rock che un inturbantato Zio Frank diede alle stampe nel 1979 sfottendo il coevo riempi-pista di KC & The Sunshine Band («Shake your booty»). Nove brani incisi in una serie di concerti tenuti nel 2011 con un combo americano composto dal contrabbassista Larry Grenadier, il trombonista Josh Roseman, il vibrafonista Jason Adasewicz e il batterista Jim Black (ovviamente non quello che suonava nelle Mothers of Invention, morto cinque anni fa, ma un omonimo di Seattle). Tre le composizioni di Bollani, sei quelle di Zio Frank, ma qui occorre una precisazione: i filologi del pensiero zappiano, quelli che idolatrano ogni singola nota concepita dal Nostro, potrebbero rimanere spiazzati. Bollani e i suoi, infatti, intendono il materiale dell'autore come un sublime pretesto per concedere a noi ascoltatori il beneficio dell'improvvisazione. La scelta dei pezzi da rielaborare è comunque di grande suggestione. C'è una intro di intimismo pianistico che si innervosisce fino a innestarsi in «Cosmic Debris», c'è Bollani in persona che canta la sbeffeggiante «Bobby Brown goes down» proprio dal disco dello «Sceicco», ci sono due estratti dal folle «The Grand Wazoo» («Blessed Relief» e «Eat that Question»), poi il capolavoro compositivo di Frank «Peaches en Regalia» che diventa perfetta vetrina delle iperboli pianistiche del band leader, per chiudere con i 12 minuti di «Uncle Meat», tra virtuosismi fusion e rumorismo avant garde. Insomma c'è di che divertirsi.

Paolo e il «Big Bang» degli ottoni
Deve essersi divertito moltissimo anche Paolo Fresu che, insieme con Steven Bernstein, Marcus Rojas e Gianluca Petrella, sull'asse Usa-Italia firma un progetto a tutto fiati (due trombe più o meno effettate, trombone e tuba) intitolato «Brass Bang!». Qui lo zappianesimo è implicito, ma palpabile. A partire dalla celebre citazione di Zio Frank che fa da epigrafe al disco: «Il jazz non è morto, ha solo un odore un po' curioso». O, se vogliamo, sa di «funny» come «Italian at la Glance», in cui un autoironico Bernstein si cimenta con un grammelot tricolore («Bonasera, ho sanguinato, ho avuto un collasso cardiàco, vorrei i capelli con la frangia…»). Ci sono dentro standard di Duke Ellington come «Black and Tan Fantasy» e «Rockin' in Rhythm», «La Réjoussonance» di Handel, il Rinascimento di Pierluigi da Palestrina con «Surgentem cum victoria», cover del songbook classic rock come «As tears go by» dei Rolling Stones e «Manic Depression» di Jimi Hendrix ma anche l'adorabile spacconaggine del Frank Buscaglione di «Guarda che luna». La scrittura originale (vedi alle voce «Dissonanze cognitive» di Paolo Fresu) è di notevole impatto, al limite della contemporanea più raffinata. Non c'è un pezzo di Frank Zappa, ma solo un pazzo o uno come Frank Zappa avrebbe potuto pensare di miscelare tutto ciò in un disco solo. O più probabilmente quattro musicisti collegati a Frank Zappa da una qualche corrispondenza di amorosi sensi. Perché Zio Frank si sarebbe divertito da morire a prestare la sua chitarra a un progetto così. Potete scommetterci.

Stefano Bollani
«Sheik Yer Zappa»
Decca Records

Bernstein, Fresu, Petrella, Rojas
«Brass Bang!»
Tŭk Music

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