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Questo articolo è stato pubblicato il 27 novembre 2014 alle ore 06:54.

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Questo mese, in quanto a invettive, è difficile far meglio di Guia Soncini, la massima esperta italiana di tic, tv americana, e tradimenti: i tre veri interessi che i lettori di IL nascondono dietro a patetici paraventi di stile, politica e tecnologia.
In poche battute sulla televisione italiana, la Soncini fa a brandelli chi guarda la fiction italiana di nascosto, chi non va da Fazio ma vorrebbe, chi cita Report, i retro-maniaci, e le nicchie snob.

In pratica, nello spazio di un esilarante glossario televisivo, la Soncini mette al palo tutti quelli che scrivono per o che finiranno a leggere questo giornale… O più realisticamente a mettere «mi piace» al teaser.

I lettori di IL me li immagino come l'equivalente maschile di quelle signore consapevoli che se la tirano perché hanno la casa stilosa, il marito professionista creativo, i figli vestiti a striscioline bianche e nere di cotone 100% e poi quando dici Sarah Scazzi si fanno venire le palpitazioni, gli occhi di fuori e iniziano a sudargli le mani. Mi viene da dire, siate delle “leosiner” in pace! Guardatevi Storie Maledette al sole. Abbonatevi con fierezza alla Provincia Pavese per leggere di Garlasco. Non dite di guardare Desperate Housewives «con ironia».

Allo stesso modo della casalinga d'ursiana – contro la quale nulla possono né status né istruzione –, i maschi che comprano IL lo lasciano aperto in bagno sul saggio di Tony Blair anziché sulle mille bocche umettate dell'attrice roscia di turno e diranno di avere Tinder «solo per interesse antropologico» e che «House of Cards è la storia dell'ascesa al potere di un politico senza scrupoli», anziché un romanzone di sesso e tradimenti.

Dal composito quadro sugli atteggiamenti degli spettatori televisivi, emerge che la principale scusa morale per dar sfogo a consumi di cui, per un perché o per l'altro, ci si vergogna, è quella ridicola che va sotto il nome di “gusto del trash”: parola che è spesso la generica aggettivazione del wannabe che non sa argomentare, o la foglia di fico sulla coscienza dei più ipocriti morbosi.

Ma che cos'è il trash, per i nostri esperti televisivi? Per Stefania Carini, NON è il reality, che ci ha tutta una sua estetica e linguaggio che i talk se la sognano; per l'onesto Mughini è chi non gli paga l'ospitata; per Pacifico è il tiggì gossipparo, apocalittico e parziale, e per Teresa Ciabatti invece è Barbara D'Urso.

È proprio Teresa Ciabatti a darci la prova che la tv italiana è un sacco da boxe che tutti possono prendere a pugni. E pensare che ha sceneggiato i capolavori di Moccia. Beh, se pure sceneggiare Ho voglia di te può darti il permesso di dire che il cinema è la settima arte e la tv la settima merda, vuol dire che vale tutto!

Riassumendo, il patchwork critico è: chi lavora in una tv generalista accetta i limiti della stessa (Greco), chi non riesce più a campare di tv rimpiange perfino l'epoca d'oro del Maurizio Costanzo Show (Mughini), e chi non ha la tv dà lezioni e schifa tutti gli altri (Ciabatti).

Chi invece si gode la tele senza rimorsi (Soncini) non perde tempo a rimpiangere neanche Mina.

Il segreto è uno, e vale per tutti i tipi di pubblico: non avere vergogna dei propri gusti.

È lo stesso discorso che vale per il pettegolezzo: se è letteratura ottocentesca è tutto ok, se è gusto dello scandalo è monnezza. A tal proposito, in Yolo ci viene presentata, coll'aggraziatissimo titoletto di House of Corna, la nuova serie cult della nicchia bavosa: The Affair, un torbido adulterio dopo la morte di un figlio, narrato dal punto di vista di lei e di lui: ditemi se la D'Urso non si alzerebbe anche lei alle quattro del mattino per seguire una storia così, e smettetela di fare gli intellettuali!

Interrogati sulla loro posizione sull'adulterio, gli autori di IL non hanno risposto “pro” o “contro” ma: analogico o digitale. Sì: distinguono tra adulterio analogico e digitale.

Chissà se c'è anche una Terza via… Se c'è, comunque non la voglio sapere.

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