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Questo articolo è stato pubblicato il 28 novembre 2014 alle ore 07:32.
Diffidare delle traduzioni ovvie. Trash si può rendere in italiano con monnezza, ma sarebbe un errore catalogare i film del Monnezza come trash. Cos'è, il solito snobismo capovolto, il gusto di dire che Bombolo è meglio di Antonioni? Son vezzi che hanno fatto il loro tempo. Non sono venuto a tessere l'elogio della spazzatura; ma neppure a seppellirla, tanto più che due libri gemelli l'hanno appena riesumata dalle discariche degli anni Settanta.
Il primo, Monnezza amore mio (Rizzoli) è la picaresca autobiografia del “cubano di Roma” Tomás Milian, scritta con Manlio Gomarasca; il secondo, E poi cominciatti a fa' l'attore (Ad est dell'equatore), racconta la vita meno avventurosa di Franco Lechner, in arte Bombolo, e ne è autore Ezio Cardarelli. Per quasi un decennio, da Squadra antifurto a Delitto al Blue Gay, i due hanno fatto coppia fissa – il commissario Giraldi e il ladruncolo Venticello – nelle commedie poliziesche di Bruno Corbucci. Ma trash è parola fuorviante, così com'è sbagliato parlare di b-movie, nozione nata a Hollywood che mal si adatta al nostro cinema. Proprio nell'eludere queste categorie d'importazione, il Monnezza e i suoi film hanno detto una grande verità su Roma e sulle insolite costellazioni che formano, in essa, l'alto e il basso. Roma, ovvero il luogo simbolico dove l'arte e la spazzatura, il sublime e l'immondo sprofondano insieme in un unico gorgo. Milian racconta che a Roma era conteso tra le borgate e la nobiltà capitolina, e la sua parabola di attore ne è quasi uno specchio. Lo troviamo accanto alla croce nella Ricotta di Pasolini, in un delicato tableau manierista, e poi come gestore della trattoria “La Pernacchia” nel Trucido e lo sbirro. Glabro, fa il borghese annoiato negli Indifferenti di Maselli; zazzeruto, prende a pesci in faccia quegli stessi borghesi nel Lupo e l'agnello. E tra un film del Monnezza e l'altro, eccolo recitare per Antonioni e Bertolucci. L'attore venuto dall'Avana ha illuminato come pochi altri la strana promiscuità della società romana, dove tra una nobildonna, un cardinale, un palazzinaro e un bandito c'è spesso un solo passaggio, a volte neppure quello. Questo “gnommero” era l'essenza antropologica dell'andreottismo. Quando Andreotti morì, un suo storico avversario lo descrisse come un Dottor Jekyll/Mr. Hyde: l'uomo di Stato che frequentava l'alta diplomazia e la bassa manovalanza, i porporati e i malavitosi. Ma invece di tornare a Stevenson, non era meglio vedersi La banda del gobbo? Non è monnezza, è Roma.
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