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Questo articolo è stato pubblicato il 27 novembre 2014 alle ore 12:58.
L'ultima modifica è del 28 novembre 2014 alle ore 16:22.

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Per tutto il '900, il destino della sinistra è stato quello della incessante ricerca di una terza via. Una ricerca appassionata e critica che, avendo a cuore gli ideali di libertà e giustizia, sapeva districarsi tra il cieco affidamento alle ragioni del mercato della destra e l'ideologismo statalista della sinistra estrema.

Oggi quel compito è diventato più arduo. Ai due vecchi conservatorismi di destra e di sinistra si è aggiunta l'inconcludenza di un populismo che, oltre a tentare di permeare chiunque dei suoi pregiudizi, s'è fatto istanza politica a sé e reclama a gran voce il suo spazio. (...) Sommatasi la loquace balbuzie populista ai due vecchi conservatorismi, il nostro compito è divenuto quello della ricerca di un nuovo cammino, originale e tuttavia memore del percorso fin qui realizzato.

Quando, sotto la spinta della stagione clintoniana, la sinistra definì i contorni della propria Terza via, riuscì nel suo intento perché seppe disinnescare il determinismo della destra focalizzato sulla inviolabilità del mercato e quello di una certa sinistra - che vediamo all'opera ancora oggi - centrato sulla sacralità dello Stato. La sinistra delle riforme aveva allora solo due avversari da sconfiggere. Due avversari, per così dire, convenzionali. Ci riuscì proponendo un umanesimo liberaldemocratico, costruito sulla dialettica nuova tra quanto al mercato andava concesso in termini di realizzazione delle libertà dei singoli e quanto allo Stato era richiesto in ragione di un'estensione delle opportunità per tutti.
Quella lezione e le conquiste che ne seguirono valgono ancora oggi. Eppure non sono più sufficienti. Il populismo, nemico non convenzionale nell'agorà della politica, si è affiancato ai due vecchi avversari e impone la sua presenza urlando e spaventando. Unico modo per neutralizzarlo è rispondere a quella legittima invocazione di trasparenza, che viene alla politica trasversalmente da tutti. La globalizzazione impone alle democrazie del mondo non soltanto di essere più veloci nelle proprie dinamiche di rappresentanza e nei processi decisionali. Richiede anche di rendere le dinamiche di rappresentanza e i processi decisionali più trasparenti che in passato. Per ridurre così la distanza che i cittadini percepiscono tra se stessi e le istituzioni, utilizzando i nuovi strumenti di comunicazione della Rete. (...)

È successo e succede alla sinistra di affezionarsi troppo ai cambiamenti che ha realizzato negli anni passati. Si affeziona a essi al punto di pretendere di difendere le conquiste del passato anche quando diventano il principale ostacolo per le conquiste future. Un enorme paradosso per chi è di sinistra e sa che solo la continua realizzazione degli ideali di libertà e giustizia conferisce, per ogni generazione, un senso storico all'essere di sinistra.
Nemmeno alla Terza via è oggi possibile affezionarci. Certo, tutti noi abbiamo in tasca una bussola per attraversare il tempo del nostro impegno politico. Un oggetto familiare che portiamo con noi ovunque: una guida, più che un semplice strumento di orientamento. E per molti di noi la Terza via è stata la bussola del cammino degli ultimi anni.

Quando nel 1999 Bill Clinton e Tony Blair convocarono a Firenze i progressisti di tutto il mondo, avevo ventiquattro anni e avevo deciso che per me la politica, intesa come cambiamento in positivo, come partecipazione e scelta, come impegno e responsabilità, poteva essere qualcosa di buono, un orizzonte possibile per trasformare in meglio la realtà.
Tuttavia nella stagione presente dei grandi mutamenti della globalizzazione, la nostra vecchia bussola può indicarci la direzione sbagliata. Oggi i grandi mutamenti in corso agiscono, difatti, come inattesi e improvvisi campi magnetici che fanno saltare l'ago della Terza via. Solo una bussola nuova, costruita dalle passioni e dalle intelligenze del presente e ispirata dai bisogni reali che richiamano oggi il nostro impegno - penso, ad esempio, agli sforzi di riforma che stiamo facendo in Italia, dagli 80 euro al cambiamento dell'architettura istituzionale, così come ad altre esperienze in Europa e nel mondo che si muovono nella stessa direzione - può indicarci la giusta direzione del futuro. Una nuova via che si faccia strada tra i tanti e diversi che agitano paura e diffondono sfiducia, per indicare un nuovo verso per un futuro più prospero e più felice.
Matteo Renzi è presidente del Consiglio
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