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Questo articolo è stato pubblicato il 29 novembre 2014 alle ore 21:49.

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La ricerca dell'identità è stato un concetto ricorrente al BilBolBul, Festival internazionale di fumetto che si è concluso domenica 23 novembre a Bologna. Hamelin, l'associazione culturale che lo organizza, ha messo in parallelo il ruolo dell'editore con il fenomeno relativamente nuovo, messo in moto dai piccolissimi editori o dall'autore in persona, dell'autofinanziamento attraverso operazioni di crowdfunding, sponsorship o vendita diretta tramite preordine, che consentono di autoprodursi un libro.

“Editoria senza editori” è il titolo del convegno che ha aperto l'ottava edizione del Festival chiedendosi chi è e a cosa serve un editore se gli autori iniziano a ballare da soli e, specularmente, quali vuoti rischiano di incontrare libri realizzati bypassando l'intera filiera produttiva, sottraendosi così al filtro di un progetto editoriale, una visione di fondo, un editing professionale. Il convegno non ha dato risposte certe, ma ha avuto il merito di aprire una porta scomoda in un momento in cui il mercato del fumetto, secondo i dati forniti da Matteo Stefanelli di Fumettologica, si scopre maturo e rifiata dopo un decennio di ottimismo.

In estrema sintesi eccone alcuni spunti: per Federico Di Vita, autore di Pazzi scatenati-Usi e abusi dell'editoria (Tic edizioni), la specificità e la competenza necessaria proteggono il settore dall'improvvisazione; Christian Raimo, redattore di minima&moralia e autore de Il peso della grazia (Einaudi), ha messo l'accento sulle necessità strutturali del settore come la sindacalizzazione e la creazione di un ente per il libro; Ratigher, autore di Trama e fondatore di diverse riviste indipendenti di fumetto, ha raccontato la sua ultima esperienza con un libro in via di realizzazione attraverso un metodo di vendita chiamato PRIMAOMAI: si pre-ordina il libro e si stampano solo le copie pre-vendute; per Federico Zaghis, di Becco Giallo, è necessario costruire una rete di collaborazioni sul territorio con le associazioni, creare una comunità; Gianluca Costantini, di Giuda Edizioni, organizza strutture di sopravvivenza per poter raccontare quello che ritiene urgente e improrogabile; a Federica Ghersetti, che fa tutti libri diversi costruiti sull'autore, ha fatto bene la mancanza di identità della sua casa editrice GRRRzetic; Edo Chieregato, di Canicola, ha indicato Mano (fondata nel 1996 da Giovanna Anceschi e Stefano Ricci) come rivista profetica, la necessità di definire il catalogo e l'importanza di lavorare a libri unici in forte relazione con l'esperienza dell'autore; Stefano Brolli, di Comma 22, rifiutando l'idea che il lettore vada educato suggerisce piuttosto di farlo interagire, di attirarlo in una trappola dove c'è dentro l'editore stesso, e la necessità di quest'ultimo di essere molto presente ma invisibile; per Michele Foschini, di Bao Publishing, è fondamentale proteggere l'impeto iniziale degli autori.

Il focus di questa edizione del Festival è stato dedicato a Manuele Fior con due appuntamenti gemellati che il BilBolBul propone tradizionalmente: una mostra al MAMbo (aperta fino all' 11 gennaio) che espone i disegni originali del suo ultimo libro L'intervista e l'incontro I film della mia vita, dove l'autore presenta i film che hanno influenzato e ispirato il proprio lavoro. Sono state proiettate brevi sequenze di Incontri ravvicinati del terzo tipo di Spielberg e 2001 Odissea nello spazio di Kubrick, dove c'è, dice Manuele, “ La più grande scena di viaggio spaziale-esistenziale della storia del cinema. Un'opera d'arte totale. Ma i visionari hanno spostato la loro attenzione dall'arte alla tecnologia”. Due film in cui Fior rintraccia analogie non solo formali con il suo libro, vicende quasi sacre dove la scala privata, intima, incontra l'incommensurabile e dalla normalità si arriva allo straordinario. Stessi elementi si ritrovano ne L'eclissi di Antonioni, altro cult per Fior, in cui i problemi di una coppia vanno in simbiosi con un evento cosmico. Ai tempi dilatati di Antonioni Manuele contrappone il ritmo di Rosemary's Baby di Polansky, dove la location (il Dakota Building di New York) condiziona anche le scene.

“Penso al fumetto sempre meno in chiave cinematografica, dove l'astrazione è più difficile. Penso a Crepax e al suo modo molto personale di organizzare l'ordine delle sequenze. Nel fumetto il rapporto con una singola sequenza di un film è molto forte e a me basta se nel mio fumetto ci sono anche solo una o due immagini che non si dimenticano”. L'ultima sequenza è di Elio Petri da Indagine di un cittadino al di sopra di ogni sospetto, con Gian Maria Volontè, attore-totem di Fior. Bellissima la mostra di Volker Pfuller, scenografo, costumista e grafico, attivo nella ex Ddr prima del crollo del muro, autore di poster per il teatro. Il volume Canicola Germania ospita la nuova generazione di autori tedeschi nati negli anni'80. E' una sfida al lettore cui si chiede una attenzione dello sguardo, un'apertura all'incomprensione, la tolleranza necessaria ad accettare la deviazione di un percorso, l'interruzione di un discorso, aprendo un nuovo orizzonte narrativo.

La ricerca dell'identità questi ragazzi l'hanno ereditata dai loro padri, ma hanno trovato una sponda italiana amica negli autori di Canicola. Il Festival di quest'anno ha avuto un'evoluzione morbida virando i convegni sul sistema fumetto invece che sugli autori, allestendo mostre con l'intervento diretto degli autori nei luoghi che le hanno ospitate, organizzando workshop di notevole valore formativo: a proposito di identità il BilBolBul è riuscito a conservare la propria senza restare fermo.

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