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Questo articolo è stato pubblicato il 30 novembre 2014 alle ore 08:16.

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Il genere dell'intervista a un maestro di una disciplina da parte di un collega più giovane non è frequente nella nostra tradizione giuridica. Un esempio non recente è l'intervista a Carl Schmitt, controverso costituzionalista e politologo tedesco, rilasciata a Fulco Lanchester.
Eppure questo genere ha vari pregi: l'intervista operata da un addetto ai lavori esplora più a fondo i temi; è meno asimmetrica e diventa, come chiarisce già il titolo del saggio di Sabino Cassese e di Luisa Torchia, una conversazione più ricca; se non eccede nei personalismi, è un modo per operare una sorta di "check up" sullo stato di una disciplina.
Forse non è un caso che la nuova collana del Mulino «Il diritto che cambia» parta dal diritto amministrativo. Quest'ultimo infatti ha subito un'evoluzione rapidissima dovuta a numerosi fattori: le prospettive metodologiche offerte dalle scienze sociali; l'influenza del diritto europeo; la comparsa di questioni di dimensione globale come l'ecologismo, l'immigrazione, il terrorismo; la crisi economica e finanziaria che ha messo sotto accusa la visione ultraliberista dei rapporti tra Stato e mercato.
Nella sua opera scientifica iniziata oltre mezzo secolo fa, Sabino Cassese ha saputo cogliere queste trasformazioni, dedicando gli ultimi libri al campo quasi pioneristico del diritto amministrativo globale. Lo sguardo dello studioso è stato nel suo caso integrato da una conoscenza diretta della macchina dello Stato, prima come consulente di ministeri ed enti pubblici, poi come ministro per la Funzione pubblica nel Governo Ciampi, da ultimo come giudice costituzionale.
Il volume, articolato in brevi densi capitoli, ha un doppio registro.
Il primo, che interessa un uditorio più vasto, consiste in un affresco dei problemi che affliggono da decenni la pubblica amministrazione, vista sempre più come un anello debole del nostro Paese. Il quadro è impietoso. Il corpo burocratico, che oltre a produrre decisioni amministrative e servizi condiziona gran parte della legislazione amministrativa ormai ipertrofica, ha sempre dialogato poco con l'esterno. Ciò anche perché la classe politica non ha mai fatto i conti con l'amministrazione e ha preferito interessarsi solo di politica, anziché di politiche pubbliche, cioè di programmi concreti. Lo Stato oggi non è una struttura, ma un "magma".
Inoltre «spesso è prepotente, ma non è mai forte», perché al rimorchio degli interessi e delle richieste corporative. Costa troppo, spreca risorse e non premia il merito. «Media, ma non indirizza. Non vive, ma sopravvive». Questa sfiducia nella capacità di varare riforme efficaci porta Sabino Cassese a esprimere un giudizio positivo, in controtendenza rispetto agli umori recenti, nei confronti del cosiddetto vincolo esterno, cioè, a livello europeo, del Patto di Stabilità e dell'obbligo del pareggio di bilancio.
Il secondo livello di lettura riguarda soprattutto i cultori del diritto amministrativo. Il volume infatti mette in rilievo, anche in chiave storica, gli sviluppi di questa scienza giuridica. Dalle origini e fino a tempi recenti è stato prevalente un approccio formalista e astratto, disinteressato alle prassi amministrative e agli aspetti organizzativi, poco attento alla comparazione con altri ordinamenti. Gli stessi padri costituenti hanno sottovalutato il fenomeno amministrativo. Solo l'irrompere del diritto europeo, l'apertura al diritto privato e le nuove prospettive del diritto globale hanno ampliato le prospettive di una parte degli studiosi, soprattutto delle generazioni più giovani. Il giudizio di Cassese è anche in questo caso severo. Ma forse vale come pungolo per reagire alle critiche recenti che imputano alla cultura dei cavilli burocratici di dirigenti e giudici amministrativi la perdita di punti di Pil nazionale.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Sabino Cassese, Luisa Torchia, Diritto amministrativo.
Una conversazione, il Mulino,
Bologna, pagg. 153, € 12,00

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