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Questo articolo è stato pubblicato il 05 dicembre 2014 alle ore 08:22.
L'ultima modifica è del 05 dicembre 2014 alle ore 11:48.

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Ci sono artisti che hanno attraversato la storia della musica sotto molteplici incarnazioni. Con una band, poi con un'altra, quindi da soli, poi con un'altra band ancora. Lasciando sempre il segno. Tra questi c'è senza dubbio David Crosby, chitarrista e cantautore californiano la cui «lezione» folk rock tiene banco dalla metà degli anni Sessanta.

Prima con i Byrds a inventare quel jingle-jangle sound che, prendendo le mosse da Bob Dylan, finì per influenzare lo stesso Menestrello di Duluth nella sua svolta elettrica; poi a tenere a battesimo la rivoluzione senz'armi di Woodstock con le armonie vocali di Crosby, Stills and Nash e, successivamente, Young, il più influente supergruppo della storia del rock; quindi a firmare «If I could only remember my name», album solista che definire fondamentale è riduttivo; poi ancora a strizzare l'occhio al jazz rock con il meno fortunato progetto Cpr.

Crosby, all'inizio di quest'anno, è tornato con il quarto album solista inciso in oltre 50 anni di carriera, un disco intitolato semplicemente «Croz», con quel nomignolo che lo identifica sin da ragazzo. Il lavoro costituisce la spina dorsale del nuovo tour che il 9 dicembre sarà al Teatro del Giglio di Lucca e il 10 al Teatro Sociale di Como. Serate che si preannunciano speciali, perché Croz si presenterà sul palco da solo, con la fidata chitarra acustica. E sicuramente troverà spazio in scaletta per superclassici del suo repertorio come «Guinnevere», «Déjà Vu» e «Long Time Gone».

Ma la settimana della musica dal vivo che vede il proseguimento del tour italiano di Patti Smith e figli, con le date del 5 dicembre al Giovanni da Udine del capoluogo friulano, del 6 al Comunale di Vicenza, dell'8 e del 9 a Napoli – prima al Duel Beat, poi alla Basilica di San Giovanni Maggiore – e del 10 al Politeama di Catanzaro, offre anche al pubblico del rap due ghiottissime opportunità per rivedere The Game, figura di riferimento per la nouvelle vague del genere della West Coast. Il 5 dicembre sarà all'Atlantico di Roma, il 6 al Fabrique di Milano per presentare «Blood Moon: Year of the Wolf», sua nuova fatica discografica uscita a ottobre. Chi ha un palato più raffinato, non tema: da San Francisco riecco i Tuxedomoon, band che dagli anni Settanta è sinonimo di sperimentalismo new wave.

Si esibiranno al Leoncavallo di Milano (11 dicembre), all'Auditorium di Roma (12 dicembre) e al Locomotiv Club di Bologna (13 dicembre). Torna poi in Italia il James Taylor Quartet, combo inglese di acid jazz noto soprattutto per la propria reinterpretazione del tema di «Starsky e Hutch». Il 5 dicembre saranno al Sin City di Negrar (Verona), il 6 a Sarzana (la Spezia) per il Jazz and Blues Weekend, il 7 al Lumiere di Pisa, il 9 al Rising Love di Roma, il 10 al Teatro Traetta di Bitonto (Bari), l'11 al Cotton Jazz Club di Ascoli Piceno e il 12 al Naima di Forlì. Sempre sul versante jazzistico, al Blue Note di Milano dal 5 al 7 dicembre ancora tre serate con il virtuoso della chitarra Al Di Meola per poi lasciare spazio al coro Justin Blair & The Soulful Gospel Singers. Natale si avvicina.

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