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Questo articolo è stato pubblicato il 07 dicembre 2014 alle ore 08:16.

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Se gli uomini cominceranno a considerarsi prima di tutto giardinieri, vedremo un'umanità finalmente pacificata intenta a prendersi cura della vita: questa visione animava le pagine di The Lost Garden, il libro che Jorn de Précy avrebbe pubblicato nel 1912, alla vigilia di uno dei più sanguinosi conflitti della storia. Adesso un altro autore uscito dalla penna mimetica di Marco Martella, Teodor Ceric´, esprime disincanto verso speranze che continuano sì a scorrere limpide, però nell'alveo di un carsico, troppo carsico fiume. Jardins en temps de guerre, di prossima uscita presso Ponte alle Grazie, vede un ventiduenne Teodor Ceric´ lasciare nel 1992 la città natale, Sarajevo, devastata dai conflitti per vagabondare per l'Europa vivendo di espedienti. Magazziniere al porto fluviale di Londra, gli capita di vedere il film dedicato da Derek Jarman a Prospect Cottage, acquistato dal regista inglese su istigazione dell'amica Tilda Swinton quando, già debilitato dall'Aids, aveva ritrovato il gusto di trafficare tra le piante con i suoi attrezzi di ragazzo. Lì si dedica al suo ultimo coup de théâtre, la creazione di un giardino contro lo sfondo potenzialmente letale della centrale nucleare di Dungeness, nel Kent. Teodor Ceric´ visita quel giardino di papaveri e ciottoli per scoprirvi un luogo che pullula di vita nell'onnipresenza della morte. A Roma, dove occupa per un po' uno studio in centro, assapora il pulsare di un eros furtivo tra le querce, gli allori e i cipressi di un boschetto, quasi un incolto, nascosto tra le rovine di Monte Caprino, l'antica rupe Tarpea, sul versante meno frequentato del colle del Campidoglio. Si ferma qualche tempo a Parigi, si riduce a dormire nel metro, trova infine lavoro nel Brie, vicino a Melun, da un'anziana signora che cura un roseto perfettamente quadrato nel più desolato dei paesaggi, definito a suo tempo da Balzac un deserto di cereali. Lì un libro lo mette sulle tracce, nei dintorni, della casa dell'adorato Samuel Becket. Parte quindi per Ussy-sur-Marne dove resta sbigottito in un giardino indistinguibile dagli altri, tristissimi, del vicinato: un prato immacolato difeso a oltranza dalle talpe, qualche albero, un frutteto, nessuno charme. In Francia e in Inghilterra, in questa sua versione pauperista del Grand Tour, visita anche i giardini storici trovandoli tutti poco accoglienti e piuttosto noiosi, con l'eccezione dell'unico di cui arriva ad avere una conoscenza intima lavorandoci come giardiniere: Painshill nel Surrey, capolavoro e rovina di Charles Hamilton, che secondo la moda del tempo volle tenervi il suo eremita residente. Infine nel 1998, conclusa da tre anni la guerra di Bosnia-Erzegovina, Teodor Ceric´ torna a Sarajevo, si stabilisce in una sua casa di campagna. Pubblica una raccolta di versi, tradotta in Francia col titolo Seul la poétique peut tuer la poésie; eppure, nonostante questi primi successi, decide di colpo di rinunciare alla letteratura per dedicarsi esclusivamente al giardino. Qualche albero, l'erba alta appena scossa dal vento, il canto dei rospi che a una certa ora fa quasi tremare la casa. Niente di straordinario se non un'inquietudine, una nostalgia ancorata però nel presente, generata dal più disperato degli amori – quello per una vita mai vista ma che ci è tuttavia familiare, cara come una madre – e da un desiderio che, tra le piante, smette di bruciare per diventare invece promessa.
Se Marco Martella racconta un amore per la natura composto di sensibilità ed estetica, il neurobiologo vegetale Stefano Mancuso, prestata la penna alla divulgazione, propone le vite esemplari di uomini che per le piante hanno provato un'attrazione declinata in curiosità intellettuale e scientifica: dodici tra agronomi, scienziati, ma anche letterati e filosofi accomunati dalla passione di indagare e capire. Dall'omeopata Charles Harrison Blackley che individuò nel polline l'origine del raffreddore da fieno, a Nikolaj Vavilov, brillante allievo di William Bateson, uno dei fondatori della genetica vegetale contro cui si scaglierà Stalin aizzato da Lysenko; da William Ephraim Bull, selezionatore dell'uva Concord a Federico Delpino, fondatore della biologia vegetale, che con le sue osservazioni sulla collaborazione tra piante e formiche illustrò a Darwin la funzione dei nettari extrafiorali. Iniziando con George Washington Carver, figlio di schiavi, primo nero a laurearsi negli Stati Uniti, e grande botanico: escogitò centinaia di usi per le noccioline americane – il burro di arachidi tra i più noti – di cui caldeggiava la coltivazione al fine di ricostituire i campi sfiniti dalla monocoltura del cotone. Carver motivò così il rifiuto di arricchirsi con le sue scoperte: Dio non ci ha mica presentato il conto creando le noccioline. Perché dovrei guadagnarci io con i loro derivati?
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Teodor Ceric´, Jardins en temps
de guerre, Actes Sud, Arles, pagg. 150,
€ 16,00
Stefano Mancuso, Uomini che amano
le piante. Storie di scienziati del mondo vegetale, Giunti, Milano, pagg. 140, € 14,00

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