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Questo articolo è stato pubblicato il 12 dicembre 2014 alle ore 13:55.

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In attesa dei botti della prossima settimana – quando usciranno «L'amore bugiardo» di David Fincher e l'ultimo capitolo della trilogia de «Lo Hobbit» – sul grande schermo arriva un weekend all'insegna della leggerezza. Diverte l'argentino «Storie pazzesche», decisamente più originale degli ultimi film di Neri Parenti («Ma tu di che segno 6?») e di Aldo, Giovanni e Giacomo («Il ricco, il povero e il maggiordomo»). Spazio anche alla sorpresina «Pride» di Matthew Warchus.

Presentato in concorso all'ultimo Festival di Cannes, «Storie pazzesche» è un film a episodi che racconta diverse vicende grottesche che sfociano nel sangue e nella violenza.Dietro la superficie del divertissement scanzonato, il regista nasconde un'interessante riflessione sulla difficile situazione odierna del suo paese natale: corruzione, cinismo, rapporti umani allo sbando e follie burocratiche sono gli ingredienti di questa piacevole pellicola, che ha nell'incipit il suo maggiore punto di forza.

Il ritmo è alto e le trovate creative non mancano: rimane soltanto la delusione per un episodio conclusivo (una festa di matrimonio poco tradizionale) non all'altezza e nettamente inferiore rispetto a tutti i capitoli precedenti. Convince anche «Pride», opera seconda di Matthew Warchus, dopo «Inganni pericolosi» (1999). Gran Bretagna, in piena era Thatcher: durante lo storico sciopero dei minatori inglesi del 1984, il movimento gay decide di aderire alla protesta e di raccogliere fondi a favore dei lavoratori. I minatori sono piuttosto imbarazzati dalla situazione e non sanno come comportarsi.

Può sembrare una storia edulcorata o pensata a tavolino ma quella di «Pride» è, invece, una vicenda avvenuta realmente: al centro l'incontro tra due mondi molto diversi (i minatori da una parte; il movimento gay dall'altra) che finiranno per unirsi e combattere insieme le loro battaglie. Buona la confezione e credibile la rappresentazione degli anni Ottanta per un lungometraggio gradevole e ricco d'interessanti spunti di riflessione. Grande cast, che annovera Bill Nighy, Imelda Staunton e Paddy Considine.

Non riserva sorprese invece «Ma tu di che segno 6?» di Neri Parenti. Scritta dal regista insieme ai fratelli Vanzina, è una commedia corale, caratterizzata da vari personaggi che non bastano però a dare vita a un'opera cinematografica degna di questo nome. Il livello delle battute è infimo, i dialoghi dozzinali e l'aspetto tecnico poco curato. Complessivamente un prodotto vecchio, facilone e scontato.

Qualche risata in più si può fare con «Il ricco, il povero e il maggiordomo» di Aldo, Giovanni e Giacomo. In questo caso la sceneggiatura è scritta con più attenzione (è inerente all'incontro tra un industriale e un venditore abusivo) e la comicità quantomeno più delicata. Peccato, però, che il tutto sappia troppo di già visto e l'andamento sia molto altalenante. Se si è grandi fan del trio di attori ci si può anche accontentare, a patto, però, di non avere eccessive pretese.

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