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Questo articolo è stato pubblicato il 14 dicembre 2014 alle ore 08:15.

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A volte, invero raramente, la nebbia non genera stordimento e noia, ma pizzica i sensi, così da convincerci ad annusare quello che c'è dietro. E dietro c'è il mondo. Questo è il caso dei Guano Padano, anime nella nebbia che hanno prodotto un piccolo capolavoro folk, partendo dalla nostra, domestica, frontiera. È curioso, addirittura stupefacente, ascoltare una storia così Americana e insieme compiutamente italiana. Anzi, padana. Un nome nato per gioco e portato come una croce, e via a spiegare che loro nulla hanno a che fare con altre idee di Padania; «è il nostro Mississippi, tutto qui».
Americana (Ponderosa Music&Art, oltre a trecento copie in vinile numerate e firmate) è il titolo del terzo album di questo trio rinforzato da voci e suoni che arrivano dalla Frontiera degli altri, come Joey Burns dei Calexico (con cui Vinicio Capossela sta preparando il nuovo album) e il compositore della soundtrack del film Palma d'Oro Nebraska di Alexander Payne, Mark Orton, epopea al contrario della provincia americana colorata dal country folk insieme più filologico, indie e sperimentale. Non a caso, Orton suona anche con musicisti di frontiera, questa volta delle musiche improvvisate, come John Zorn e Bill Frisell. E i Guano hanno coinvolto in questo viaggio-ponte anche Dan Fante, figlio di John, voce recitante nella coinvolgente Dago Red. Per la loro traversata americana, Alessandro Stefana, Zeno De Rossi e Danilo Gallo (che però arriva da un'altra pianura, quella barese) si sono macinati a fondo la poderosa antologia omonima curata da Elio Vittorini, datata 1941, che Bompiani ha recentemente mandato in ristampa, storica e rivoluzionaria opera che ha plasmato l'immaginario del novecento americano nel nostro Paese e raccoglie trentatré visionari di frontiera, da Hemingway, a Steinbeck, a Melville, a Poe. Tradotti da visionari al confine come Pavese, Montale, Moravia. Risultato: Americana offre finalmente una colonna sonora, quasi completamente strumentale, a quell'avventura letteraria e culturale. Con una precisione sonora e concettuale che ricorda da vicino Satisfied Mind, storico album dei Walkabouts (1993), ensemble folk alternativo di Seattle che, non a caso, ha prodotto pure una cover di Disamistade di De André e Fossati.
E i Guano Padano? Li trovate in giro per club, circoli e locali fino al 17 febbraio prossimo (www.guanopadano.it). Per ora, solo in Italia, solo a nord. Ed è un peccato. Perché questo è il più americano degli album italiani, e viceversa. Potenzialmente pronto a sbarcare altrove (fuori dall'Italia sono prodotti dalla Ipecac Recording di Mike Patton), oltre i coraggiosi club padani e Facebook. Quello che manca, ai Guano, è ciò che ancora non esiste, almeno nell'habitat delle nostre musiche popolari: un Paese connesso con il mondo. Lo confermano eccezioni d'eccellenza come l'etnomusicologa Giovanna Marini e gli E'Zezi – Gruppo operaio, per anni curiose icone indie della nostra musica e cultura in Europa, o Enzo Avitabile, musicista e compositore da tempo nel Pantheon della World Music. Se è vero che a Napoli viene quasi dopo la Madonna e Maradona, da noi la sua musica ha, per gli utenti distratti, la dignità dei suoni che escono dal Metrò. E che abbia dovuto andare a bussargli a casa Jonathan Demme ("Enzo Avitabile Music Life"), la dice lunga sullo stato del nostro sistema culturale. Quando la nebbia si fa fitta, a volte non serve a scoprire ciò che esiste oltre, ma a nascondere quello che sta dietro.
r.piaggio1@me.com
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