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Questo articolo è stato pubblicato il 17 dicembre 2014 alle ore 08:51.

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Il filosofo Ludwing Wittgenstein (1889-1951)Il filosofo Ludwing Wittgenstein (1889-1951)

In questo clima non stupisce che anche i nostri migliori intellettuali si tengano a distanza dal naturalismo. Nel suo libro che pure al naturalismo è dedicato, Laudisa si affretta a scrivere: «Non condivido il grande entusiasmo che manifesta per il naturalismo la stragrande maggioranza dei miei colleghi». Laudisa rimprovera al naturalismo soprattutto di non essere in grado di rendere conto degli aspetti normativi (ed estetici) del pensiero. Più marcatamente, per il retaggio della sua tradizione culturale, Maurizio Ferraris, nella sua pur benemerita crociata illuminista contro le degenerazioni del pensiero che legge tutto come «costruzione sociale», si affretta ad aggiungere nel suo Manifesto: «Non si tratta affatto di dire che tutte le verità sono in mano alla scienza» e a distinguere realtà «naturali», come montagne alberi e stelle, da realtà «sociali», come contratti, valori, e matrimoni. Da tradizioni di pensiero lontane, Laudisa e Ferraris vedono entrambi i limiti del naturalismo là dove inizia il pensiero.

Questa è esattamente la questione da cui parte Huw Price. Price lo chiama il «problema della collocazione» («placement»), e lo formula come la domanda di dove “collocare” nel mondo delle scienze naturali entità come valori morali, bellezza, conoscenza, coscienza, verità, numeri, mondi ipotetici, leggi, eccetera: tutte le entità che sembrano meno compatibili con il mondo descritto dalla fisica.
La risposta di Price è in due passi. Il primo è l'osservazione che linguaggio e pensiero non sono sempre rappresentazioni di qualcosa di esterno. L'osservazione è il cuore della filosofia della seconda fase di Wittgenstein: contrariamente a quanto ipotizzato dalla teoria del linguaggio (da Gottlob Frege, il padre della logica moderna), linguaggio e pensiero fanno ben altro che designare oggetti e proprietà di oggetti.

Se guardo il tramonto e dico «che meraviglia!» alla mia compagna, non sto designando un'entità «meraviglia» che sia là, vicina al sole. Sto esprimendo l'effetto del tramonto su di me, rafforzando il legame di vicinanza con la mia compagna, cercando di mostrarle qualcosa della mia intimità, o mille altre cose ancora, nessuna delle quali ha a che vedere con un oggetto esterno «meraviglia». Interpretare le nostre sofisticate e complesse attività linguistiche come affermazioni su una realtà esterna è l'errore che, secondo Price, genera il falso problema del «collocamento».
Il secondo passo di Price è uno slittamento nel succo del naturalismo: porre l'accento sul fatto che noi, esseri umani, siamo parti della natura. E possiamo essere studiati dalle scienze naturali. Price lo chiama «naturalismo del soggetto».

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