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Questo articolo è stato pubblicato il 19 dicembre 2014 alle ore 07:07.
Sarebbe disumano non odiare Aaron Sorkin. Quando i suoi coetanei stavano decidendo cosa fare da grandi, lui scriveva Codice d'onore, la pièce che poi sarebbe diventata il film in cui Jack Nicholson strigliava noi piscialetto di sinistra che detestiamo le armi ma vogliamo dormire sonni tranquilli protetti da cattivoni armati. Quando gli sceneggiatori erano considerati marginali rispetto ai registi, lui diventava il primo autore più famoso dei suoi attori, e firmava la madre di tutte le serie tv di culto, The West Wing. Quando la tv è diventata il posto più à la page, non solo ha fatto la sprezzante scelta di darsi al cinema, ma è pure riuscito a trasformare la storia dell'invenzione di Facebook, teoricamente un tema che interessava solo agli ingegneri informatici, nel più grandioso film del ventunesimo secolo, The Social Network. Quando il sindacato degli autori gli chiede di unirsi alla protesta per ottenere royalties migliori, risponde «scrivete meglio, e i vostri agenti le otterranno per voi». Sarebbe disumano non aspettare che inciampi.
Il problema della smania di rivalsa è che ti agiti, ti confondi, ti fai prendere dalle false partenze. Era il 2012, e alla prima stagione i detrattori di Sorkin hanno deciso che The Newsroom era maschilista. Mac (Emily Mortimer) ha mandato per sbaglio una mail per Will (Jeff Daniels) a tutto l'indirizzario della tv in cui lavorano. (Sorkin in purezza: è dal 1998, con Sports Night, che scrive la storia di due che lavorano insieme, un tempo erano fidanzati, ma poi è successo qualcosa. Con una costante: lui è un cretino e lei è un'adulta. Con una costante: lui la ama ancora). La critica televisiva americana all'unisono ha deciso che l'autore è maschilista perché a sbagliare l'invio di una mail è una donna. Tutti noi trascorriamo le giornate nel terrore di sbagliare destinatario, e inviare il commento spietato su una serata alla persona con cui abbiamo trascorso quella serata, ma Sorkin non ha fatto fare a Mac una cosa probabilmente capitata a lui stesso. No: è misogino.
Per tre anni, le donne di Sorkin hanno continuato ad avere goffaggini e inciampi (altro “sorkinismo” in purezza: racconta sempre professionisti di successo che hanno la maturità emotiva di tredicenni e la sapienza tecnologica di mia nonna. Cioè racconta di sé, come tutti i grandi autori) che avremmo potuto avere tutti. L'anno scorso Sloan (Olivia Munn) era vittima di un ex che per vendetta pubblicava su un sito certe sue foto nude. E Alison Pill, che interpreta Maggie, ha sbagliato destinatario nella vita, pubblicando su Twitter una foto delle sue tette che intendeva mandare al fidanzato. Gli uomini di Sorkin, intanto, avevano goffaggini e inciampi da perfetti idioti, ma nessuno per questo accusava l'autore di misandria. Non quando Will saltellava per la redazione in mutande non riuscendo a infilare la gamba giusta nell'apposito buco dei pantaloni. Non quando Jim e Don, due esperti producer, non riuscivano ad accendere gli strumenti di una regia in cui lavorano da anni.
È impossibile non odiarlo, e il maschilismo è un pretesto come un altro: lo si è capito al termine della tregua. È durata quattro puntate, su sei, della terza e ultima stagione (finita qualche giorno fa). La critica aveva deciso che non era più maschilista. Forse perché Leona Lansing (Jane Fonda), la proprietaria della rete, era una spietata plutocrate ma tutto sommato aveva a cuore concetti astratti come la libera informazione. O forse perché Maggie aveva rinunciato a uno scoop per etica. Ma la quinta puntata è andata in onda la settimana di Rolling Stone e New Republic. Mentre Rolling Stone ritrattava una storia di stupro universitario, giacché la pubblicata versione della vittima non trovava riscontri, in tv Don cercava di far ragionare una ragazza che aveva aperto un sito per denunciare anonimamente stupri universitari. Non era un buon metodo, le spiegava: come l'ex di Sloan si era vendicato con foto nude, così una donna amareggiata avrebbe potuto distruggere un ex con false accuse. Non c'è stato critico americano che non gli abbia dato del maschilista se non addirittura dello stupratore. Per forza. Una puntata scritta sei mesi prima era puntuale non solo a proposito dei falsi stupri: nei giorni in cui a New Republic si licenziavano in massa perché la nuova proprietà voleva stravolgerne l'identità portandoli nell'era informatica, la redazione di The Newsroom era in rivolta contro una nuova proprietà con le identiche intenzioni. Sarebbe disumano non odiare uno col vantaggio di conoscere il futuro.
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