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Questo articolo è stato pubblicato il 21 dicembre 2014 alle ore 08:15.

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Che cosa rende speciale il pensiero degli esseri umani? Molti scienziati stanno cercando la risposta direttamente nel cervello. Tuttavia, almeno fino ad oggi, l'individuazione di qualcosa che renda unico il nostro sistema nervoso rispetto a quello degli altri animali è risultata difficile. Varie ipotesi si sono succedute. Per esempio, quella per cui solo il nostro cervello possiederebbe un'intrinseca asimmetria di funzioni, con la parte destra e sinistra intente a svolgere compiti differenti. Oggi sappiamo che l'asimmetria di funzioni è presente persino in Caenorhabditis elegans, un nematode vermiforme di un millimetro di lunghezza che possiede poco più di trecento neuroni.
In maniera simile, abbiamo imparato che la celebrata grandezza del cervello umano è in effetti né più né meno quella che ci si deve aspettare per un primate della nostra taglia, e l'idea che alcune specifiche porzioni del cervello, come i lobi frontali, siano sproporzionatamente espanse rispetto a quelle delle grandi scimmie è stata fatta a pezzi recentemente da ricercatori come Robert Barton dell'Università di Durham.
Qualche anno fa un nuovo brivido aveva percorso la comunità scientifica, con la scoperta (o meglio la riscoperta) di una varietà di cellule nervose dall'aspetto fusiforme, dette neuroni di von Economo (dal nome dell'anatomico viennese, cresciuto a Trieste, che per primo le osservò nel 1929), che sarebbero presenti solo nel cervello umano (perlopiù nella corteccia cingolata anteriore e insulare). Di lì a poco, tuttavia, i neuroni di von Economo sono stati trovati nei cervelli delle grandi scimmie. Al che si è argomentato che soltanto gli esseri umani e le grandi scimmie possiederebbero i neuroni di von Economo, proprio perché questi neuroni hanno a che fare con la vita sociale e forse anche con la coscienza. Poi si è scoperto che sono presenti anche nei cervelli degli elefanti e delle balene. Forse allora si trovano solo nei cervelli grandi? Macché! Sono stati osservati pure nei cervelli dei macachi reso (seppure più minuti d'aspetto) e degli ippopotami pigmei…
Alcuni studiosi sono andati in cerca di maggior fortuna concentrandosi sugli aspetti funzionali dell'attività mentale, rinviando la soluzione del problema dell'individuazione delle loro basi cerebrali. È il caso dello psicologo Michael Tomasello, condirettore dell'Istituto Max Planck per l'Antropologia Evoluzionistica di Lipsia, in Germania, che da anni studia comparativamente l'attività cognitiva delle grandi scimmie (scimpanzé, bonobo, gorilla, oranghi), delle scimmie e dei piccoli degli esseri umani. Tutte queste creature hanno in comune il fatto di non possedere (o nel caso degli infanti e dei bambini di possedere solo in fieri) un'abilità per il linguaggio. Si tratta di capire quali adattamenti, se ve ne sono, abbiano reso possibili forme uniche del pensiero umano, precedendo o accompagnando lo sviluppo linguistico.
Il lavoro condotto da Tomasello e dai suoi collaboratori suggerisce che le antropomorfe siano capaci di comprendere, in una certa misura, gli altri individui come agenti intenzionali. Una serie di celebri esperimenti in cui due scimpanzé, uno dominante e uno subordinato, avevano entrambi accesso visivo a del cibo oppure questo era visibile solo al subordinato, perché nascosto al dominante da una barriera, hanno mostrato come il subordinato sia in grado di regolare il proprio comportamento inferendo che l'altro, il dominante, «vede», «sa» e, come notava Hannibal Lecter, «desidera».
Gli esseri umani, però, non si limitano a comprendere gli altri come agenti intenzionali, ma si uniscono agli altri per realizzare forme d'intenzionalità condivisa, per risolvere assieme i problemi. Quando gli individui collaborano creano assieme scopi congiunti e attenzione congiunta, con la conseguente necessità di coordinare i punti di vista individuali.
La cognizione sociale dei primati non umani si è evoluta fondamentalmente nel contesto della competizione per le risorse all'interno del gruppo (cibo, partner sessuali e così via). L'idea di Tomasello è che gli esseri umani posseggano però una forma di pensiero unica, l'intenzionalità condivisa, che sarebbe sorta in relazione ad adattamenti volti a risolvere problemi di coordinamento sociale, che emergono quando gli individui cercano di collaborare con gli altri anziché di competere.
La complessità delle capacità cognitive degli esseri umani potrebbe essere il risultato della complessità della loro vita di relazione. In tal caso, lo scenario evolutivo dovrebbe implicare la selezione delle capacità cognitive in qualche altro dominio e la sua successiva estensione all'ambito dei problemi sociali. I bambini di età prescolare non mostrano però grandi differenze rispetto alle scimmie antropomorfe nella risoluzione di problemi fisici, mentre le surclassano nel caso di problemi che riguardano la sfera sociale. È plausibile perciò, secondo Tomasello, che pressioni ecologiche quali il venir meno della necessità di procurarsi il cibo individualmente e la concorrenza esercitata da altri gruppi abbiano agito sullo sviluppo delle relazioni sociali di Homo sapiens favorendo l'evoluzione di modi di vivere fondamentalmente più cooperativi (raccolta cooperativa di cibo, cura cooperativa dei piccoli, forme cooperative di comunicazione e insegnamento, difesa cooperativa del gruppo) che richiedevano abilità cognitive fondate sull'intenzionalità congiunta.

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