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Questo articolo è stato pubblicato il 28 dicembre 2014 alle ore 17:34.
L'ultima modifica è del 28 dicembre 2014 alle ore 17:36.

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È la strenna più preziosa di Tersicore, uno di quei classici del balletto che stanno in cima ai gusti e alle preferenze dei pubblici di ogni Paese: l'intramontabile e ciaicovskiano “Schiaccianoci”, che, immancabile, torna all'appuntamento delle feste natalizie. Andò in scena nel 1892 al Teatro Marinjinsky di San Pietroburgo, per la gioia dello Zar, dei suoi bambini, e del pubblico alto-borghese, ma snobbato, allora e per molti anni, dalla critica. Invece, in un secolo e più di infinite riprese, nuove edizioni, reinvenzioni, è diventato il balletto più amato di tutto il repertorio classico; quello che ci emoziona anche per le segrete inquietudini che serpeggiano nella storia.

Non a caso, seppur addolcito e amabilmente raccontato da Dumas padre, si ispira a uno dei racconti più sinistri dello scrittore tedesco E.T.A. Hoffmann: “Lo schiaccianoci e il Re dei Topi”. La fiaba si snoda attorno all'avventura notturna della giovane Clara che, alla vigilia di Natale, riceve in dono dal vecchio padrino Drosselmayer uno schiaccianoci a forma di soldatino che diventerà l'amuleto con cui la ragazzina immersa in mille viaggi e incontri, verrà iniziata alla vita adulta. Sappiamo bene come questo delicato soggetto si presti alle più varie e libere interpretazioni.

Nureyev, ad esempio, ma anche lo stesso Bejàrt, espresse l'ambiguità degli sdoppiamenti tra sogni e realtà in chiave fortemente psicoanalitica. La magia dello Schiaccianoci avviene, comunque, ogni anno, anche nelle versioni più semplici e tradizionali. In questi giorni è alla Scala di Milano nella versione di Nacho Duato. All'Opera di Roma, invece, è in scena la bellissima versione di Amedeo Amodio nell'allestimento creato per il teatro capitolino nel 1997. La sua è una coreografia irta di simboli, di avvertimenti, di minacce, di simulacri, di esorcismi, che ci immerge nel più vistoso gioco di trasformazioni e di identificazioni che si moltiplicano in maniera quasi selvaggia. Veloce, incalzante, piena di ritmo, con scena dal taglio rapidissimo.

E fantasiosa, raffinata, arguta, nelle scenografie e nei costumi di quel grande artista illustratore che è stato Emanuele Luzzati. Un vero trionfo di colori. Una gioia per gli occhi e per il cuore. Lo “Schiaccianoci” di Amodio, considerato ormai un “classico”, nacque nel 1989 per l'Aterballetto, e rappresentò una delle carte vincenti della compagnia di Reggio Emilia da lui fondata e diretta. Più volte ripreso – l'ultima al Massimo di Palermo lo scorso anno – è tornato ora all'Opera capitolina raccogliendo un meritato successo. Un'edizione bellissima, che non conosce l'usura del tempo, da vedere e rivedere. A sipario chiuso Drosselmeier sul proscenio ci introduce nella fiaba, e ad apertura nella notte magica di Natale campeggia la proiezione dell'immenso numero 24.

Amodio, fedele al racconto originale di Hoffmann, conserva il punto di vista dei bambini, liberando la fantasia nell'attesa dell'arrivo dei doni natalizi; con Drosselmeier l'artefice della magia delle ombre, l'imbonitore ambiguo e onnisciente che muove gli enormi giocattoli dando vita ai sogni, alle paure, ai desideri di Clara; e con gli adulti, dall'aspetto grottesco, osservati con occhio divertito. Nei divertissiments del secondo atto, col viaggio fantastico della ragazzina che incontrerà gli orientalismi della danza araba, le tazze e le teiere danzanti di quella cinese, i clown e le clownesse del circo, troveremo anche un'aggiunta dal mozartiano “Flauto magico”, con Papageno e due Papagene e la loro gabbietta d'oro.

Scenicamente Amodio si avvale anche delle affascinanti proiezioni del teatro d'ombra, a base di silhouettes animate, inventate dalla compagnia di Piacenza Teatro Gioco Vita, che arricchiscono il mondo onirico infantile; e della straordinaria voce – registrata – di Gabriella Bartolomei, che recita alcune parti del racconto di Hoffmann. Nei ruoli principali si alternano diversi interpreti. Noi abbiamo visto Ashley Bouder, principal dancer del New York City Ballet, con l'albanese Rezart Stafa della Compagnia Balletto Classico Cosi-Stefanescu: coppia eccellente. Nei panni di Carl, e dunque del principe, Stafa è morbido ed elegante, e Bouder, affascinante Clara, di musicale virtuosismo. Il loro “gran pas de deux” è un momento di grande perfezione classica. E, da segnalare, il sempre bravo Riccardo Di Cosmo nel ruolo di Drosselmeier.

Lo schiaccianoci
musica di Pëtr Il'ič Čajkovskij, coreografia Amedeo Amodio, scene e costumi Emanuele Luzzati, direttore Nir Kabaretti, orchestra e Corpo di ballo del Teatro dell'Opera, con la partecipazione degli Allievi della Scuola di Danza del Teatro dell'Opera diretta da Laura Comi. In scena fino al 4 gennaio 2015.
www.operaroma.it

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