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Questo articolo è stato pubblicato il 28 dicembre 2014 alle ore 08:15.

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Vi ricordate Ciacco, fiorentino goloso punito nel terzo cerchio dell'Inferno dantesco? Era un foodie ante litteram, un raffinato cultore del cibo. A quei tempi la gola era un vizio capitale che, osserva San Tommaso, porta con sé attitudini nefaste, tra le quali la perdita del controllo di sé da collocarsi, aristotelicamente, agli antipodi della ricerca della virtù. Ve l'immaginate, oggi, la gola come peccato? In una società che ha reso il cibo un idolo sociale e mediatico, la golosità o, per meglio dire, la gourmandise non solo non è un vizio, ma è addirittura una virtù. Il vero peccato oggi consiste nel non avere mai gustato una cena realizzata da uno chef esperto in tecniche molecolari. Showcooking, game show culinari, blog sul cibo sono solo alcune delle innumerevoli manifestazioni mediatiche che testimoniano l'odierna situazione culturale. Gianfranco Marrone la definisce, giustamente, Gastromania, e così si intitola il suo delizioso pamphlet nel quale, da sagace critico, l'autore analizza un fenomeno senza precedenti ricorrendo sia a teorie sociologiche e semiotiche, sia a esilaranti exempla tratti dalla rete, dalla televisione o dalla letteratura. Vi troverete catapultati dietro le quinte di Masterchef, per spiegarvi la ragione per cui centinaia di migliaia di individui anelano a partecipare e ad assistere a una gara durante la quale il cibo è costantemente negato: non ci si gode un piatto in pace, manca qualsiasi forma di convivialità e i concorrenti vengono sottoposti a durissimi rituali di degradazione. Quanto agli chef, nuovi supereroi, usciti dalle cucine come chef star, essi ormai occupano ogni possibile spazio mediatico per impartirci i loro savi pareri. Dietro alla domanda amletica «si va in televisione perché si è chef o si è chef perché si va in televisione?» si cela l'autoreferenzialità in cui si è chiuso il mondo della gastronomia da quando è divenuto appannaggio quasi esclusivo dei media. Ma la gastromania è più di una semplice moda: la maniera in cui la società percepisce i rituali legati al cibo è una sorta di specchio rivelatore. La cucina, da fenomeno materiale, si è mutata in un complesso quanto immateriale fenomeno linguistico: sapori odori e consistenze sono evaporati per lasciare posto alle chiacchiere. Alla scomparsa della cucina, quella vera, è subentrata una retorica del cibo. Come quella che Marrone, sfatandola, definisce teoria della : nella degustazione delle pietanze, ognuno cercherebbe un sapore perfetto e assoluto – secondo una tradizione che va dalle famigerate madeleine di Proust, fino alla felice reminiscenza dell'infanzia esperita dal feroce critico gastronomico Anton Ego nella degustazione dell'ottima pietanza impiattata dal topolino Rémy nel film Ratatouille – che è quello dei cibi un tempo preparati da sua nonna. Una retorica alla quale non sfugge nemmeno lo chef Massimo Bottura, che dichiara di essere «un bimbo birichino che guarda da sotto il tavolo la cucina della nonna».
E poi c'è l'altra faccia della medaglia della gastromania. C'è l'ossessione per le diete, il salutismo, il cibo biologico. La cosiddetta ortoressia, ovvero l'attenzione abnorme alle regole alimentari, altra piaga sociale, radicatasi già nei favolosi anni '60. Pensate alla celeberrima pubblicità dell'olio Sasso (1965): qui un uomo sogna di essere grasso, spensierato e felice mentre gioca a palla su una spiaggia soleggiata con una bionda sexy. Al risveglio, si ritrova nel suo grigio appartamento di fronte a un'accigliata e poco desiderabile governante. In compenso, e grazie all'olio Sasso, egli è magro: «la pancia non c'è più!» urla il protagonista felice. Una pubblicità che mette in scena in modo improbabile la sottaciuta, eppure sempre presente, visione moralistica del cibo come "peccato", che dalla sfera religiosa è passata a quella del salutismo scientifico. Non si sa cosa sia meglio «fra l'avere la pancia e la signorina avvenente, o il ventre piatto e la governante rompiscatole». Bisognerebbe chiederlo a Ciacco.
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Gianfranco Marrone, Gastromania, Bompiani, Milano, pagg. 204, € 14,00

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