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Questo articolo è stato pubblicato il 28 dicembre 2014 alle ore 08:14.

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Possiamo ancora dire qualcosa di nuovo su Gottlob Frege, su cui tanto ormai si è di già riflettuto e scritto, e senza cui, almeno stando ad alcuni, Michael Dummett, in primis, la filosofia analitica dipende proprio da Frege, non solo perché quest'ultimo ne verrebbe considerato il nonno o, in termini incisivi, il patriarca? Crediamo di sì.
Personalmente, non confido più di tanto nelle grandi categorizzazioni, del tipo filosofia continentale da una parte e filosofia analitica dall'altra: sopra ogni cosa, preferisco la buona filosofia, ben argomentata. E dubito pure di classificazioni nell'ambito della storia della filosofia, quali «costoro sono razionalisti, mentre costoro sono empiristi», come, del resto rimango assai perplessa di fronte a chi identifica la filosofia antica e medioevale con metafisica e ontologia, e la filosofia moderna con la teoria della conoscenza. Basti ricordare quanto i filosofi antichi si siano occupati di conoscenza, sempre che non vengano interpretati da contemporanei incapaci di altro se non di triviale filologia.
Dummett sostiene che «il risultato di base di Frege sta nel fatto che ha ignorato totalmente la tradizione cartesiana», ovvero una tradizione che molti legano alla riflessione epistemologica. Per chiarire ciò, Dummett non esita a parlare di rivoluzioni, con un Frege che «inizia dal significato nel senso che prende la teoria del significato come l'unica parte della filosofia i cui risultati non dipendono da quelli di nessun'altra parte, ma sta alla base di tutto il resto. Nel fare così, ha effettuato una rivoluzione in filosofia grande almeno quanto la simile rivoluzione precedentemente effettuata da Descartes; e fu capace di fare così anche se applicò i risultati ottenuti nella teoria del significato solo a una parte della filosofia. Possiamo quindi datare un'intera epoca in filosofia a partire dal lavoro di Frege, proprio come facciamo con Descartes». Quest'intera epoca passa notoriamente sotto il nome di «svolta linguistica» o di filosofia analitica, e benché non mi sia mai parsa esatta l'interpretazione in questione, né nei confronti di Frege, né della filosofia analitica – se non ridotta a miseri termini – non nasce essa forse con Socrate, mentre la cosiddetta filosofia continentale non emerge a partire dall'Ottocento, con una mistura tra filosofia e poesia che Platone abborriva? Sta però di fatto che c'è ancora chi ritiene che Frege sia soprattutto un filosofo del linguaggio, oltre che un filosofo della logica e della matematica. Certo, fare filosofia della logica e della matematica comporta notevoli riflessioni sulla teoria della conoscenza, ma, finora non mi risulta si sia conferita una sufficiente rilevanza alla riflessione di Frege sul pensare, pensare anche logico e matematico, ma pure psicologico e logico-psicologico, come tento di mostrare, insieme a Pieranna Garavaso, professore da decenni negli States, in Frege on Thinking and Its Epistemic Significance. Pensare, il processo di pensare, e conoscere risultano strettamente interconnessi. In Frege è stata sottovalutata la concezione della conoscenza, al pari della concezione del pensare, perché la riflessione sul pensare in una certa filosofia viene delegata alle scienze cognitive, e qui agisce, direttamente o indirettamente la convinzione dummettiana, stando a cui il pensare debba rimanere «l'oggetto proprio della psicologia». Si ribadirebbe pertanto che Frege è il nonno della filosofia analitica, a causa del suo poderoso accento sul pensiero (contenuto e non processo) e della sua supposta propensione antipsicologistica o antinaturalistica a separare nettamente la filosofia del pensiero dalla filosofia del pensare, la filosofia di quanto si suppone oggettivo ed indipendente dalla nostra attività mentale dalla filosofia di quanto si suppone soggettivo e che consiste in un processo mentale.
Partendo dalla "banale" convinzione che le traduzioni debbano valere e meritino precisione, e che nel caso specifico, das Denken (pensare) non possa venire confuso con il der Gedanke (pensiero), al fine, tra l'altro, di non precipitare in indebite confusioni sulla filosofia di Frege e sulla filosofia analitica, Frege on Thinking and Its Epistemic Significance è stato comunque concepito e scritto non tanto e non solo per porre in discussione alcune interpretazioni standard di Frege e della filosofia analitica, quando per proiettare la filosofia di Frege nella filosofia contemporanea, e far sì che la prima acquisisca un significato, non solo storico, per la seconda, attraverso temi di prim'ordine quali: le molte sfaccettature dell'antipsicologismo e dell'antinaturalismo, che non riescono ad evitare "cadute" nello psicologismo o nel naturalismo, le diverse preminenti concezioni del pensare che non concedono il "senso unico", la speculazione sulla teoria della conoscenza, con analisi anticipatrici, e, infine, il ruolo svolto dal linguaggio nel pensare e nel pensiero, ruolo che però non si lega al solo pensiero. Ad altri il giudizio su questo "nostro" Frege e sull'essere "il nonno" di quale filosofia.
www.niclavassallo.net
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Pieranna Garavaso e Nicla Vassallo, Frege on Thinking and Its Epistemic Significance, Lexington Books-Rowman & Littlefield, Lanham, MD, Usa, pagg. 138, $ 75.00

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