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Questo articolo è stato pubblicato il 02 gennaio 2015 alle ore 09:54.

Il 2015 in sala si apre col botto: tra le uscite del primo weekend dell'anno, spazio a tre film attesissimi come «Big Eyes» di Tim Burton, «American Sniper» di Clint Eastwood e «The Imitation Game» di Morten Tyldum. Tutti, curiosamente, sono ispirati a storie vere.
Il tiolo più interessante è «Big Eyes», incentrato sulla storia del pittore Walter Keane che negli anni Sessanta stupì l'America con i suoi quadri raffiguranti bambini dai “grandi occhi”. Diversi anni dopo, sua moglie Margaret lo trascinerà in una causa tentando di dimostrare che la vera artista era lei.
Molto lontano dai canoni gotico-fantastici a cui ci ha abituato il regista di «Edward mani di forbice» e «Big Fish», «Big Eyes» è, nella carriera di Burton, una pellicola decisamente più convenzionale e vicina agli standard del cinema hollywoodiano.
Il regista sembra nascondere un po' il suo stile personale per dare maggior spazio a una sceneggiatura intensa e a una storia oltremodo curiosa: non manca però il suo tocco poetico che pennella alla perfezione le sequenze più accattivanti e suggestive, creative ed efficaci dal punto di vista cromatico.
Il film è però anche una forte riflessione sul rapporto coniugale, mossa in particolare dall'atteggiamento del marito che sfrutta il talento della moglie per avere successo.
I protagonisti sono Christoph Waltz e Amy Adams: nella battaglia tra i due, a vincere è lei, decisamente più in parte.
Deludente è, invece, l'ultimo lavoro di un grande regista come Clint Eastwood: «American Sniper», con protagonista Bradley Cooper.
L'attore interpreta Chris Kyle, un soldato dell'esercito americano che viene inviato in Iraq in veste di cecchino. La sua straordinaria mira gli permetterà di salvare numerosi suoi commilitoni tanto da venire chiamato “la leggenda”.
Dopo aver raccontato il gruppo The Four Seasons in «Jersey Boys», Eastwood realizza un altro biopic: la confezione è più che discreta (fatta eccezione per una pessima sequenza in cui il protagonista spara a un cecchino nemico), ma l'andamento narrativo è decisamente scontato e il film è incapace di sviluppare una riflessione sulla guerra in Iraq che non sia già stata portata più volte sul grande schermo. Troppi anche gli eccessi retorici che raggiungono il loro apice verso la conclusione.
Vittima di momenti retorici, e fin ricattatori, è anche «The Imitation Game» di Morten Tyldum. Al centro la vera storia di Alan Turing, celebre fisico e matematico, che ha decifrato i codici della macchina nazista Enigma durante la Seconda guerra mondiale.
La vita di Turing – uno dei padri del moderno computer – era già stata raccontata in altre pellicole (come «Enigma» di Michael Apted) ma il lavoro di Tyldum si concentra anche sulla sua vita privata e sull'omosessualità che lo portò a essere condannato alla castrazione chimica. Indubbiamente è una vicenda interessante e curiosa, ma gli esiti di «The Imitation Game» sono piuttosto altalenanti.
Il regista riesce a coinvolgere ed emozionare soltanto in parte e il risultato è un semplice biopic come tanti, che calca spesso la mano nella speranza di commuovere a tutti i costi (soprattutto nel finale). Bravo Benedict Cumberbatch, in un ruolo tutt'altro che semplice, ma non basta.
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