Cultura

Col sestante per il globo

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Col sestante per il globo

  • –Roberto Casati

Andare per mare comporta sfide e rischi, ripagati da gioie su cui si innestano altre sfide. La costa non è più visibile e si misura la vastità di un oceano; gli strumenti di navigazione ci tengono in rotta e riponiamo in essi tutta la nostra fiducia – la nostra vita ne dipende – eppure siamo come sorpresi ed esultiamo quando vediamo la vetta di un'isola, la nostra meta, spuntare all'orizzonte proprio là dove avevamo calcolato che apparisse: ci fa quasi l'effetto di un miracolo; salvo ricordarci immediatamente che l'avvicinarsi della terraferma significa ulteriori pericoli, scogli affioranti, maree, frangenti. La storia della navigazione è in fondo una storia della diminuzione dei rischi a mezzo di rischi. Senza le generazioni di navigatori che hanno esplorato e scandagliato i grandi deserti d'acqua e le loro coste, procedendo spesso alla cieca, in condizioni avverse, con imbarcazioni a volte insufficienti, equipaggi ostili e scorbutici – letteralmente scorbutici – e strumenti imperfetti, non ci sarebbero le carte nautiche che hanno permesso ad altre generazioni di navigatori di solcare il mare in relativa sicurezza. Sorprenderà molti, ma ci sono ancora oggi vaste aree non scandagliate, in cui la navigazione è sconsigliata.
Diversi libri recenti hanno raccontato la storia della cartografia (On the map di Simon Garfield, La storia del mondo in dodici mappe di Jerry Brotton) come una storia di carte geografiche, di oggetti o di rappresentazioni. Il viaggio del sestante di David Barrie narra invece il processo che si snoda a monte, non la mappa ma la produzione della mappa, la sua condizione necessaria, nel l'epoca che precede l'elettronica a basso costo accessibile a tutti. Il libro procede alternando una descrizione dell'apprendistato dello stesso Barrie, che impara da un marinaio più anziano a utilizzare il sestante durante una traversata atlantica a vela nel 1973, alla narrazione delle gesta più o meno fortunate di una dozzina di grandi navigatori – prevalentemente nei mari australi – fino all'avvento della navigazione satellitare.
Il sestante è un misuratore di angoli. Permette di determinare l'altezza o elevazione di un astro sull'orizzonte, o la distanza angolare tra due riferimenti a terra o in mare. Spostando il braccio con lo specchio mobile si fa collimare la parte inferiore dell'immagine del sole o di un astro con l'immagine dell'orizzonte. A questo punto si legge una misura sulla scala graduata e si ottiene l'altezza dell'astro nel cielo. La misura viene corredata di ora e data, e paragonata con le effemeridi dell'oggetto celeste traguardato, per ricavare la posizione del punto di osservazione, utilizzando dei procedimenti matematici (in un primo tempo, la determinazione dell'angolo orario locale, e a partire dal terzo quarto del 1800 la tecnica di Saint-Hilaire). La forza del sestante, la sua innovazione, è nel riunire in un'unica immagine e nel far coincidere i due riferimenti, grazie a un semplice gioco di specchi e di filtri (un principio descritto per la prima volta da Newton), e di svincolare quindi la misura dai movimenti erratici del natante.
A partire dalla metà del '700 le navi delle marine britannica e francese vennero equipaggiate di sestanti al duplice scopo di permettere ai comandanti di seguire una rotta in acque note e di localizzare nel modo più preciso possibile le caratteristiche dei mari via via esplorati. Il sestante serve a viaggiare, ma per servire deve viaggiare. Cook e La Pérouse portano a bordo scienziati e artisti nelle loro spedizioni su navi che fanno acqua (pare che tutte le navi facessero acqua a quei tempi; sgottare era un compito quotidiano). Naufragano, salvano le imbarcazioni, e finiscono poi con il perire in modo tragico. Vancouver cartografa l'intera costa del Pacifico del Nordamerica e le Hawaii ma il suo equipaggio include rampolli altolocati in viaggio di formazione che gli danno del filo da torcere e gli rendono la vita miserabile al ritorno in patria. Scampato a un naufragio spaventoso, Flinders non vede poi per anni la moglie perché il governatore dell'isola Mauritius, dove ripara, lo trova maleducato. E via dicendo.
Se pensiamo ai rischi della navigazione, ci viene probabilmente in mente un mare in tempesta. Ma un veliero – non assistito da un motore – che naviga sottocosta è esposto a rischi enormi. Una calma di vento mette la barca in balia delle onde e delle correnti, che finiranno con il portarla a riva e distruggerla. Le descrizioni più terrificanti dai giornali di bordo sono quelle in cui i comandanti narrano l'inevitabile naufragio sulla barriera corallina, non durante le tempeste, ma in tranquille giornate di sole. Scandagliano, e le profondità sono sempre insufficienti per gettare l'ancora. Issano tutte le vele sperando in un refolo che renda la barca appena manovriera. Mettono le scialuppe in acqua per rimorchiare la nave al largo, ma c'è un limite alle forze dell'equipaggio. Che cosa salvare se si è costretti ad abbandonare la nave? Il sestante; per recuperare il quale Fletcher Christian (Marlon Brando), ne Gli ammutinati del Bounty, perde la vita.
Con il portare l'accento sul sestante Barrie rimette in prospettiva il magnifico ma forse troppo decantato cronometro marino di Harrison (il protagonista del best seller di Dava Sobel, Longitudine). I cronometri permettono sulla carta di determinare la longitudine tenendo traccia dell'ora del luogo di partenza: la differenza tra il mezzogiorno locale e l'ora registrata dall'orologio si traduce immediatamente in una differenza di gradi di longitudine. Questa semplificazione spiega le aspre battaglie tecnologiche e commerciali per perfezionare e imporre il cronometro. Nella realtà, i navigatori hanno comunque utilizzato per un paio di secoli la navigazione astronomica come base, e l'orologio come complemento; spesso per paragoni su brevi tratte, e sempre con un occhio alla correzione astronomica dell'errore meccanico.
Forse Barrie avrebbe potuto spendere due pagine di più per spiegare più nel dettaglio con un paio di esempi il funzionamento del sestante e le tecniche di determinazione della posizione. Se mi trovo al Polo Nord, la Stella Polare sarà al mio zenit. Se vedo la Polare all'orizzonte, significa che mi trovo da qualche parte all'equatore, ovvero su un cerchio. In generale, una data elevazione di una stella sull'orizzonte corrisponde a un cerchio sulla superficie terrestre; maggiore è l'elevazione, minore è il raggio del cerchio. Scegliendo adeguatamente le stelle, si possono determinare più cerchi in base alla loro elevazione, nella cui intersezione si trova l'osservatore. Anche se l'applicazione del principio è complessa e si devono fare molte correzioni procedendo per approssimazioni successive, l'idea di fondo è veramente semplice ed elegante.
Barrie chiude il suo libro su note nostalgiche. Ha ragione? Qual è il destino della navigazione astronomica? Come specie umana abbiamo tre grandi metodi, non esclusivi, per orientarci, in parte orientati dai nostri antenati biologici. Il primo consiste nel far lavorare il nostro cervello in modo automatico; percezione e memoria, unite a un sistema di rappresentazione dei luoghi, creano da sole delle mappe mentali dei luoghi visitati, mappe interne, che funzionano bene a piccola scala. Il secondo consiste nel creare rappresentazioni esterne, cartine geografiche, e metodi di calcolo basati sulle uniformità astronomiche. Il terzo metodo richiede una modificazione del l'ambiente: lasciare tracce del nostro passaggio, o disporre una segnaletica che ci dice dove siamo e dove andiamo. La navigazione satellitare è l'esempio principe del terzo metodo: è possibile proprio perché è stato modificato in modo massiccio l'ambiente (elettromagnetico) che ci circonda, con la creazione di un sistema di punti di riferimento artificiali. Il secondo metodo richiede un intervento del primo: fare il punto significa capire dove siamo non solo sulla carta, ma nell'ambiente che ci circonda; le carte vanno orientate, dobbiamo capire dove siamo per capire dove andiamo. La combinazione di orientamento biologico e rappresentazioni pubbliche ci situa, ma la cognizione situata è assunzione di responsabilità, è un mettere in gioco la prima persona. Nell'ambiente modificato del Gps la delega cognitiva è invece completa e possiamo limitarci a seguire le indicazioni che ci detta una voce artificiale. Non abbiamo bisogno di sapere dove siamo per sapere dove andiamo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
David Barrie, Il viaggio del sestante, Rizzoli, Milano, pagg. 370, € 19,50
a milano
Dall'8 al 23 gennaio al Piccolo Teatro Melato, a Milano, sarà protagonista il teatro in lingua originale del Charioteer Theatre, la compagnia di Edimburgo fondata da Laura Pasetti: quattro gli spettacoli in programma, modulati pensando al pubblico delle scuole, dell'università, ma anche al pubblico serale. Info: 848800304