Cultura

Grande Hokusai, sempre sull'onda

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Grande Hokusai, sempre sull'onda

  • –Gian Carlo Calza

Chi in Asia non conosce, anche solo per sentito dire, Giotto, Leonardo, Raffaello, Michelangelo, Goya, van Gogh, vale a dire almeno alcuni tra i giganti della tradizione artistica d'Occidente? Ma si può dire il reciproco da noi? Certamente no, ed è uno dei grandi problemi della cultura universale oggi, talché se vi siano artisti orientali noti a livello mondiale si tratta di contemporanei entrati nell'attuale sistema di interpretazione dell'arte a impronta finanziaria occidentale piuttosto che estetica.
Con una eccezione però, Hokusai. In tutta l'Asia un solo artista appartiene al novero universalmente riconosciuto dei protagonisti dell'arte fuori del tempo. Neanche dieci anni dopo la morte, col Giappone ancora chiuso al mondo esterno, Katsushika Hokusai (1760-1849) era già una leggenda in Occidente, soprattutto nella Francia dei grandi movimenti artistici e indubbio protagonista del giapponismo. Un artista e designer come Braquemond si attribuiva (anche se impropriamente) l'onore di aver "scoperto" i volumetti di schizzi per pittori del grande maestro: i volumi di schizzi: Manga fonte inesausta di suggerimenti e suggestioni visive per le avanguardie del l'Otto e del primo Novecento.
Né va sottovalutato l'impatto dell'uscita di tre monografie su Hokusai in poco tempo. Due furono scritte dai più affermati critici dell'epoca, Edmond de Goncourt nel 1896 e Henry Faucillon nel 1914, mentre la terza, anch'essa del 1896, da un quasi sconosciuto Marcel Revon però ben documentato per la lunga residenza in Giappone. Infine una delle sue opere più celebri, i tre volumi delle Cento vedute del monte Fuji era stata pubblicata anastaticamente in Inghilterra nel 1880.
Il suo approccio appassionato e ironico, velato di un alone di eccentricità se non follia, insieme alla sua arte profonda, introspettiva e ricchissima per varietà dei generi e per numero di opere gli cattivarono l'interesse della Parigi, vale a dire del mondo, dalla metà dell'Ottocento. La postfazione alle Cento vedute del monte Fuji, che pare un laconico testamento spirituale e un fiero programma di ricerca pittorica, lo elevò alla sfera del genio: «Dall'età di sei anni ho la mania di copiare la forma delle cose, e dai cinquant'anni pubblico spesso disegni, tra quel che ho raffigurato in questi settant'anni non c'è nulla degno di considerazione. A settantatré ho un po' intuito l'essenza della struttura di animali e uccelli, insetti e pesci, della vita di erbe e piante e perciò a ottantasei progredirò oltre; a novanta ne avrò approfondito ancor più il senso recondito e a cento anni avrò forse veramente raggiunto la dimensione del divino e del meraviglioso. Quando ne avrò centodieci, anche solo un punto o una linea saranno dotati di vita propria. Se posso esprimere un desiderio, prego quelli tra lor signori che godranno di lunga vita di controllare se quanto sostengo si rivelerà infondato. Dichiarato da Manji il vecchio pazzo per la pittura».
Negli ultimi decenni la conoscenza di Hokusai tra il grande pubblico in Europa è stata rafforzata da tre mostre fuori del comune per impegno e numero di opere, intorno alle cinquecento. Attualmente è in corso fino al 18 gennaio «Hokusai» al Grand Palais, preceduta nel 1980 da «Le fou de peinture Hokusai et son temps» al Centre Culturel du Marais nonché nel 1999 da «Hokusai. Il vecchio pazzo per la pittura» al Palazzo Reale di Milano. Ed è opportuno notare che due su tre sono state prodotte a Parigi, la città che fin dagli esordi ha contribuito a rendere internazionale Hokusai davanti a ogni altro artista asiatico.
Attivo tanto nel campo pittorico quanto in quello grafico, Hokusai deve tuttavia la sua fama principalmente alle stampe, alcune delle quali famosissime, si pensi alla Grande onda divenuta un'icona dell'immaginario collettivo (nn. 340-342). La produzione di Hokusai conta migliaia di opere tra silografie, dipinti, volumi di illustrazioni e manuali e la mostra del Grand Palais, curata da Seiji Nagata, comprende tutte queste tipologie. Le opere sono state distribuite in otto sezioni legate alle sei fasi universalmente accettate del suo iter artistico. Una settima è dedicata alla creazione dei Manga che, iniziati nel 1814, continuarono a essere pubblicati fino al 1878 ben dopo la morte (nn. 226-295). L'ottava è costituita da una dozzina di opere di design francese a testimonio dell'influsso di Hokusai (nn. 1-12).
La ricchezza di stili che emerge dalla produzione di Hokusai, sviluppatasi lungo un arco di settant'anni, è impressionante per un solo artista. Ed egli era solito passare dall'uno all'altro quando sentiva di aver perfettamente padroneggiato il precedente di modo che con la sua opera pare veramente di trovarsi di fronte a più autori diversi. Questo movimento umano ed estetico è rilevabile in tutti i media della sua produzione dalle stampe a soggetto teatrale, (nn. 15-24) eseguite nei primissimi anni della carriera, ai raffinati e squisiti fogli augurali dalle silografie in stile prospettico e con l'ombreggiatura, alle grandi serie paesaggistiche pubblicate negli anni Trenta (340-391); dai "libri gialli" di poco prezzo ai numerosi volumi di romanzi illustrati (75-82; 212-224), alle lussuose antologie poetiche e ai manuali didattici (297-319); dai dipinti di "beltà femminili" alle scene di vita quotidiana, agli schizzi d'immagini fulminee, i Manga appunto e molti altri. Neppure in età avanzata Hokusai diminuì la propria produzione e gli ultimi anni furono tra i più fecondi soprattutto in pittura.
Costante nella sua produzione, pittorica, grafica o manualistica è il senso potente dell'individualismo che, nel caso di un artista giapponese solitamente legato ai ferri vincoli para-feudali di scuola e di clan sociale, richiedeva una determinazione d'acciaio oltre che un'indiscussa capacità artistica per consentirgli di sopravvivere. La ricerca appassionata dell'individualità portò progressivamente Hokusai a interessarsi dei moti dell'animo non solo negli esseri umani, ma negli animali (nn. 397-419) e anche in altri aspetti della natura perfino nel paesaggio.
Mentre gli altri suoi contemporanei continuavano nella rappresentazione di affascinanti cortigiane, o di famosi attori, Hokusai si impose con una nuova concezione del paesaggio. È una concezione completamente nuova del paesaggio che pone anche la questione del rapporto fra natura e soprannaturale in Hokusai. Poche le stampe in questo periodo con l'eccezione dell'unica grande serie policroma delle Cento poesie per cento poeti narrate dalla balia del 1835-36 un'opera grandiosa rimasta però in gran parte a livello di disegno preparatorio e di prima prova di stampa (nn.482-488). Ricca è invece la pittura in questo periodo. È caratterizzata da colori assai piatti, di tipo cloisonistico nelle immagini degli ultimi affiora un'attenta ricerca fisiognomica e spesso pare che il maestro abbia trasferito alcune caratteristiche umane negli animali, come pure espressioni animalesche in uomini e donne.
La mostra è un'occasione eccezionale per osservare l'opera di Hokusai nella sua interezza e merita tutto il plauso con una eccezione: i dipinti. A differenza della quasi totalità degli artisti del mondo fluttuante Hokusai fu pittore eccelso e, come si è potuto leggere, ossessionato dal raggiungimento della perfezione. Nella mostra di Parigi è purtroppo presente un numero sensibile di opere non universalmente accolte. Esse tendono per la qualità non alta a confondere la percezione dell'osservatore meno attrezzato sul valore di Hokusai che peraltro il curatore conosce da studioso di prima grandezza. Ancora una volta si sente la necessità di raggiungere la costituzione di un corpus solido di opere che servano di base per studi futuri.
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«Hokusai», Parigi, Grand Palais fino al 18 gennaio