Cultura

Pilotta con Cima

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Arte

Pilotta con Cima

  • –Marco Bona Castellotti

Certe mostre hanno il pregio di porre al centro dell'attenzione opere che, per l'ubicazione defilata, altrimenti rischierebbero di venire dimenticate. È esattamente il caso della rassegna dedicata all'ampia attività di Cima da Conegliano in Emilia, in particolare a Parma, allestita nella Galleria Nazionale di questa città e curata da Mariella Utili e Lorenzo Sbaraglio, mostra sostenuta da tre soprintendenze alleate e tesa alla valorizzazione di alcuni capisaldi del patrimonio locale, in un rapporto stretto fra musei, città e territorio.
Una volta stabilito che in tempi grami come i nostri è impossibile pretendere sempre folte adunate di quadri, risulta quanto mai gradito e ardito puntare sull' idea di mettere insieme contingenti piccoli, ma di una qualità percepibile da qualunque osservatore. Nello specifico, stabilire le linee culturali e i legami di committenza che sono alla base della reiterata esecuzione di tavole da parte di Cima in Emilia, è il perno concettuale intorno al quale ruota la mostra parmense, con la stupenda pala della Madonna e santi conservata nella cappella Montini in cattedrale, come fulcro, e un corredo di capolavori come sussidio: il Compianto su Cristo morto della Galleria Estense di Modena, già in San Nicolò a Carpi, la Madonna con i Santi Michele e Andrea proveniente in antico dalla chiesa dell'Annunziata, la Madonna col Bambino della Pinacoteca Nazionale di Bologna, che è quanto di più belliniano il Cima abbia realizzato, e i due tondi di soggetto mitologico che sono quadri molto noti. A fianco del maestro, si assiste alla ricostruzione parziale dell' interessante percorso monografico di un seguace contemporaneo di Cima, Francesco Caselli, che del maestro ricalca le orme con palese ossequio, pervenendo a risultati che incuriosiscono per la mescolanza di ingredienti di varia natura, desunti in primis dal pittore di Conegliano, poi dalla pittura ferrarese, oltremodo edulcorata a Bologna, da qualche lontana testimonianza centro italiana, il tutto con abbondanza di strutto romagnolo.
Il quadro che catalizza lo sguardo è senza dubbio la pala di Cima della cattedrale parmense, che quasi sicuramente il dotto canonico Montini commissionò al pittore veneto nel primo decennio del XVI secolo, quando a Venezia, sul fronte dell'arte, stava accadendo l'inverosimile. È pertanto irrinunciabile tendere un nesso fra la sontuosa pala cimesca – zeppa di dettagli preziosi nei marmi variegati del fondale architettonico, entro il quale si ergono la Vergine e i santi, e nella lunetta di simil mosaico d'oro, che discende da esempi marciani – e insigni modelli veneziani. La pala della cattedrale di Parma è uno dei vertici del rinascimento veneto. Pur riaffermando la costante purezza, il "lucido nitore", la "cordiale poetica", la trasparenza atmosferica, che scintilla anche nel chiuso della nicchia che accoglie la sacra conversazione, e l'aria commossa che si disegna abitualmente sui volti dei suoi personaggi, Cima infonde nella santa accolita di Parma un che di più profondo e pensoso: basta osservare la Santa Apollonia. L'ombra che ne ammanta per metà il viso, viene messa in relazione con quelle dei santi che attorniano la Maria nella grandiosa pala belliniana di San Zaccaria. È scontato che Cima vi fosse passato davanti pieno di ammirazione e che l'avesse trovata congeniale al proprio fare più maturo, sì da esportarne la memoria ancor fresca in Emilia.
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Cima da Conegliano e l'Emilia, Parma, Galleria Nazionale, sino al 18 gennaio 2015. Catalogo Grafiche Step editrice