Due attori importanti della ricerca internazionale hanno redatto e diffuso un documento abbastanza insolito. Si tratta di una relazione dell'Istituto Max-Planck per lo Sviluppo umano e del Centro sulla longevità di Stanford sulla questione dell'efficacia dei programmi di brain-train (ginnastica mentale), ottenuta con il metodo del consenso dopo la consultazione di un gruppo di esperti.
Non so se avete mai provato un brain train. In generale non sono molto a mio agio con i videogiochi, preferisco passeggiate all'aria aperta se proprio devo ammazzare un'ora, ma sono particolarmente perplesso all'idea di passare anche solo dieci minuti a riconoscere facce sintetiche per guadagnare punti virtuali, e cose del genere. Mi sembra chiaro che il valore aggiunto che fa sì che svariati milioni di persone nel mondo si dedichino assiduamente a queste attività sta non tanto nello svago quanto nella promessa di un risultato, un po' come la mia passeggiata aiuta i miei valori aerobici. E che promesse! Migliorare memoria e attenzione, e l'intelligenza stessa, stando a un leader commerciale del settore. E quale dispiego di mezzi! Alcuni dei siti che vendono prodotti di brain train sembrano presentare centri di ricerca in neuroscienze più che pubblicizzare editori di videogiochi. Il target principale è una vasta popolazione di anziani preoccupata dal declino mentale, ma cominciano ad affacciarsi anche programmi rivolti specificamente alle scuole primarie e secondarie. Anziani e bambini, popolazioni deboli, da migliorare!
Il documento di Stanford/Max Planck invita alla massima prudenza di fronte a cotali specchietti per le allodole. Tanto per cominciare, fa notare che gli studi sbandierati dai produttori di brain train sono affetti da diversi problemi metodologici: sono eseguiti da ricercatori pagati dai produttori stessi, oppure usano un numero troppo piccolo di soggetti, o hanno un rapporto tangenziale con le promesse di miglioramento. Insomma non dobbiamo farci ingannare dalla parola "scienza" e tantomeno "neuroscienza" che compare sulle pagine web dei produttori.
I ricercatori convocati a discutere del brain train hanno allora fatto una sintesi di tutta la ricerca sui videogiochi che decantano virtù cognitive. Molta di questa ricerca presenta risultati negativi o nulli (anche facendo la tara del fatto che molti risultati negativi o nulli tendono a non essere pubblicati). E i risultati positivi tendono a riguardare i compiti presentati dai videogiochi, non sono trasferibili, e non durano molto nel tempo. In soldoni: se vi allenate per mezz'ora al giorno per svariate settimane a riconoscere le faccine sintetiche del videogioco, diventerete più bravi a riconoscere le faccine sintetiche del videogioco, e basta. Non miglioreranno le vostre capacità di riconoscimento, e in ogni caso dopo un po' anche il riconoscimento delle faccine tende a ritornare ai suoi valori di base. Ci sono anche dei miglioramenti che possono venir trasferiti, ma si tratta di effetti minimi, e comunque volatili.
Il passaggio chiave del rapporto recita: «Non basta sottoporre a esame l'ipotesi di benefici indotti dal training contrapponendola all'ipotesi che il training non apporti alcun miglioramento della performance. Si deve invece stabilire che i benefici osservati non vengono spiegati in maniera più semplice e parsimoniosa da fattori di cui si sa da molto tempo che aiutano la performance, come l'acquisizione di nuove strategie o i cambiamenti motivazionali... l'idea che la performance in un compito singolo non possa dirsi rappresentativa di un'intera abilità è uno dei fondamenti della psicologia scientifica, e le asserzioni riguardo ai brain games ignorano spesso questa idea centrale».
Il rapporto è molto severo anche su altri due aspetti: il costo opportunità e la prevenzione. Il costo opportunità è l'alternativa cui si rinuncia quando si fa una scelta; il costo del brain train è diverso se sottrae tempo alla televisione o allo stare con gli amici o all'apprendimento di una lingua straniera, che magari non «migliora la vostra intelligenza», ma vi fa parlare una lingua straniera e magari vi permette di viaggiare. Inoltre credere che un software possa rimediare o anche solo arginare il degrado cognitivo che ci aspetta all'avanzare degli anni significa distrarre risorse dalla prevenzione. Come indicano gli studi sul declino mentale, quello che conta è il punto da cui si comincia a declinare, e il punto da cui si comincia a declinare dipende da quanto si è accumulato in una vita di esperienze, di contatti, di letture, di eventi. Più in alto saliamo su una montagna, più tempo ci impiegheremo per ridiscendere a valle. Ma se partiamo dalla cima di una collinetta, arriveremo presto in pianura, e non sarà un videogioco a salvarci.
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Max-Planck-Institut für Bildungsforschung, Stanford Center
for Longevity, A Consensus on the
Brain Training Industry from the Scientific Community; http://longevity3.stanford.edu/blog/ 2014/10/15/the-consensus-on-the-
brain-training-industry-from-the-
scientific-community-2/
