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Il kaddish a Ferramonti. Le anime ritrovate

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Il kaddish a Ferramonti. Le anime ritrovate

Quella di Ferramonti di Tarsia è una storia che merita di essere raccontata. Pressoché sconosciuta, offre un punto di vista originale sulla realtà tragica della Shoah e dei campi di concentramento ma soprattutto onora la memoria di chi a Ferramonti è scomparso.
A raccontarla è “Kaddish a Ferramonti – Le anime ritrovate” di Enrico Tromba, Antonio Sorrenti e Stefano Nicola Sinicropi. Il volume - inserito nella collana Libreria della Shoah del Centro internazionale di studi giudaici - adempie in toto al significato di kaddish: preghiera per i morti, garanzia di continuità spirituale.

Siamo nel giugno del 1940, l'Italia è appena entrata in guerra. I cittadini ebrei, anche se appartenenti a nazioni a noi alleate, sono considerati nemici e devono essere arrestati e internati. Il campo di Ferramonti, nel comune di Tarsia in provincia di Cosenza, è il primo e più grande in Italia dei luoghi di internamento per ebrei aperti dal regime fascista. Viene poi liberato dagli inglesi nel settembre del 1943, ma sono molti a restare a Ferramonti anche negli anni successivi e il campo chiude alla fine del 1945. Dal punto di vista cronologico, è il primo campo di concentramento per ebrei ad essere liberato e anche l'ultimo ad essere formalmente chiuso.

A Ferramonti gli ebrei sono raccolti e internati ma non uccisi o deportati. La vita, come scrive Riccardo Di Segni nella prefazione “non era brillante, era piena di difficoltà, ma ben lontana dagli orrori della Germania nazista. In questi campi fino alla loro chiusura la gente visse e sopravvisse…”. Il libro riconosce 38 nominativi di ebrei (e 5 di non ebrei) che hanno perso la vita durante il periodo trascorso a Ferramonti, dove in totale passano circa quattromila ebrei provenienti da tutta Europa.

Il volume descrive l'organizzazione all'interno del campo: bambini e ragazzi vanno a scuola (dall'asilo alle superiori) e viene istituita anche una scuola talmudica, gli internati si autogestiscono nelle attività, si lavora, si fa vita sociale, persino teatro. C'è l'assistenza sanitaria, molto importante considerate le condizioni di Ferramonti: le baracche sorgono su un'area malarica, scarseggia l'acqua potabile e il cibo è carente. Grazie all'elevato numero di medici tra gli internati, si arriva ad avviare un ambulatorio e un primo soccorso, attivo giorno e notte. E' un luogo di prigionia ma non di violenza né di coercizione, dove si può sopravvivere senza la preoccupazione di essere deportati.

Dal punto di vista strutturale il libro è ben congegnato: una prima parte contestualizza il periodo storico e racconta della struttura e dell'organizzazione del campo, mentre la seconda è documentale, fatta di schede personali narrate e una discreta mole di documenti originali: fogli di internamento, schede sanitarie, richieste di espatrio, comunicazioni telegrafiche, nascite, decessi. Di particolare interesse l'accesso degli autori all'archivio della Prefettura di Cosenza e all'archivio storico di Roma Eur, che ha consentito la pubblicazione di materiale inedito. Ancora un omaggio alla memoria.

Il Kaddish a Ferramonti - Le anime ritrovate
di Enrico Tromba, Antonio Sorrenti e Stefano Nicola Sinicropi
Libreria della Shoah – Centro internazionale di studi giudaici
Edizioni Prometeo, 25 euro
per informazioni e acquisto 338 1334856

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