Cultura

Il potere in un maxi cubo per La serra di Harold Pinter

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AL teatro parenti di milano

Il potere in un maxi cubo per La serra di Harold Pinter

Il potere sovrasta, è idealmente oltre le nostre teste, ci guarda dall'alto e ci controlla. Rappresentarlo teatralmente con un grande cubo in metacrilato trasparente appare una scelta azzeccata e suggestiva per dare forma alla metafora del drammaturgo Harold Pinter, autore dell'opera “La serra”, portata in scena da Emilia Romagna Teatro, con la regia di Marco Plini.

È da questa struttura, posta al centro del palcoscenico, che partono gli ordini di un direttore/fantoccio, nella grottesca figura del dottor Roote (interpretato da Mauro Malinverno), intorno al quale ruotano la spregiudicata amante Miss Cutts e il perfido segretario Gibbs (Luca Mammoli) che eviscera con meticolosità tutte le debolezze del grande capo fino a polverizzarne l'autorità e disarcionarlo dal comando con un colpo di mano.

I tre esercitano un controllo assoluto e dissoluto sui pazienti di una non meglio precisata casa di cura/ospedale psichiatrico, utilizzando l'elettroshock e praticando – se ne deduce – ogni genere di abuso. Molto si ritrova delle atmosfere pinteriane, dalla mancanza di un profilo definito del contesto in cui si svolge il dramma, al ritmo degli stessi sketch, che riportano ad altre opere del drammaturgo come “Il Compleanno” ,“Il Calapranzi” e “Trouble in the Works”.

Fra i testi giovanili di Pinter, La serra (1958) è forse una delle opere più crude, che fin dalla prima stesura non convinse lo stesso autore che la riprese in mano più di vent'anni dopo. La messa in scena, in due atti, si sviluppa con rigore e nitidezza, forse eccessive e ridondanti nella prima parte e più lievi nella seconda.

Se il primo tempo infatti risulta lento e farraginoso, il secondo appare più veloce e ilare con una conclusione di grande suggestione. Da sottolineare il gran livello degli attori tutti, con una citazione particolare per Malinverno e Mammoli, ma anche per Valentina Banci (miss Cutts), Giusto Cucchiarini (paziente Lumb) e Fabio Mascagni (Lush).

E si deve altresì dar atto alla regia del grande sforzo nel mettere in scena un'opera spigolosa, che probabilmente necessitava di un ulteriore snellimento per un risultato finale più convincente. Impresa comunque coraggiosa se si pensa che il testo originale inizia con battute sincopate “Dimmi…. sissignore…. come sta il 6457? È morto signor direttore. Morto?...Ma forse intendeva dire il 6459 signore?…” e via con un lungo scambio di numeri e profili anonimi corrispondenti ai pazienti chiusi nella ‘prigione'.

Regia di Marco Plini
con Mauro Malinverno, Valentina Banci, Luca Mammoli, Fabio Mascagni, Giusto Cucchiarini, Francesco Borchi, Elisa Cecilia Langone
fino a domenica 1 febbraio Al Teatro Franco Parenti di Milano

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