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Paul Gauguin: passaggio obbligato a Basilea

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Paul Gauguin: passaggio obbligato a Basilea

«Nominare un oggetto significa sopprimere i tre quarti del godimento di un poema che è fatto del divenire poco per volta: suggerirlo ecco il sogno. Ecco il perfetto mistero di quel che è il simbolo». Una volta appresa la lezione mallarmeiana, il solo trasferirla nel pantheon tahitiano - abbattendo le barriere dei differenti medium e mettendo in discussione i punti saldi della pittura impressionista - avrebbe già determinato gli effetti dirompenti di un’arte personalissima ed in grado di costituire il futuro “canone” formale e teorico per artisti quali Pablo Picasso o André Derain, che delle sue sculture furono grandi estimatori. E dunque all’arte stravolgente del pittore, ceramista, scultore e intagliatore, insomma a Paul Gauguin a tutto tondo, è dedicata la grande mostra che la Fondation Beyeler di Basilea ospita fino al 28 Giugno 2015.

Un’esposizione forte di circa cinquanta capolavori dell’artista, in grado di rendere al meglio il suo sogno paradisiaco e la sua voluttuosa natura tropicale, oltre all’ispirato periodo bretone, e provenienti dalle più importanti collezioni al mondo, fra cui “ Joyeusetés”, “Autoportrait au Christ Jaune” e “Sauvage” dal Musée d'Orsay di Parigi; la “Vision du Sermon” dalla National Gallery of Scotland, Edimburgo; “Contes Barbares” dal Museum Folkwang, Essen; la grande opera testamento artistico “D’ou venons-nous? Que sommes-nous? Où allons-nous” dal Museum of Fine Arts di Boston; “Eh quoi! tu es jalouse?” e “La cuillette des fruits” dal Museo Puškin delle belle arti di Mosca, “Autrefois” dal Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid; la bellissima Thérèse dal Lefevre Fine Art di Londra, “Quelle Nouvelles” dalla Gemäldegalerie Neuer Meister der Staatlichen Kunstsammlungen, di Dresda;

E ancora, arrivano invece da collezioni private, il sensuale “La femme-enfant Judith n’est pas encore dépucelée” e i degasiani “Cavaliers sur la plage”. In mostra anche il “Quand te maries tu?” fresco di vendita record da parte di Rudolh Staechelin e di ampia stampa sui media internazionali . Parafrasando la poesia di Baudelaire ebbe a scrivere Gauguin che «la pittura è la più bella di tutte le arti; in essa si condensano tutte le sensazioni». Consequenziale che solo da una tale pienezza di sentire e consapevolezza autoriale potesse scaturire l’abbattimento - così destabilizzante per l’epoca - di qualsivoglia gerarchia o dislivello fra arti nobili e popolari, in vista di quella che può definirsi l’arte o l’opera totale. E se per l’amato Mallarmé la suprema Herodiade resterà un’incompiuta, per Gauguin dopo “L’Après Midi d’un Faune” ci sarà l’approdo all’arte totalizzante di “D’ou venons-nous? Que sommes-nous? Où allons-nous”, prestito eccelso dal Museum of Fine Arts di Boston.

Scriverà lui stesso a George Daniel: “Debbo dire che la mia decisione è stata ben presa. Nel mese di dicembre. Allora prima di morire ho voluto dipingere una grande tela che avevo in testa e durante tutto il mese ho lavorato giorno e notte in preda ad una febbre inaudita. (...) E’ vero che non ci si giudica mai bene da sé stessi, ma ciononostante credo, non solamente che questa tela oltrepassi in valore tutte le precedenti, ma più ancora che non ne farò mai più una simile né migliore. Ci ho messo prima di morire tutta la mia energia, una tale dolorosa passione in circostanze terribili, ed una visione talmente netta senza correzioni, che la frettolosa esecuzione sparisce, e ne sgorga la vita”.

Fra gli autoritratti dell’artista presenti in mostra si segnala il bellissimo “Autoportrait à la palette”, con il cappello d’astracan e la mano destra incolore; tra le intensamente spirituali opere bretoni è “Le Christ Vert” dai Musées Royaux des Beaux Arts de Belgique di Bruxelles. Cuore pulsante dell’esposizione le leggendarie esecuzioni dal paradiso perduto di Tahiti, così potentemente mistiche, passionali ed erotiche al contempo. “Quelles nouvelles” da Dresda, “Joyeusetés” da pParigi, “Autrefois” da Madrid.

“Non solo come artista, ma anche come uomo, Paul Gauguin fu una personalità affascinante. Siamo felici di essere riusciti a riunire a Basilea i suoi capolavori che arriveranno da tutto il mondo. Persino per la Fondation Beyeler, riconosciuta internazionalmente per la qualità delle sue mostre, si tratta di una vera e propria sensazione“ sottolinea Sam Keller, il direttore del museo.

Una mostra che vale il passaggio a Basilea, anzi lo esige, aggiungiamo noi.

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