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Cinquanta sfumature di grigio: molto rumore per nulla

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festival del cinema di berlino

Cinquanta sfumature di grigio: molto rumore per nulla

Non c'è soltanto cinema d'autore al Festival di Berlino: in questi ultimi giorni della kermesse tedesca è stato presentato, fuori concorso, «Cinquanta sfumature di grigio», adattamento dell'omonimo best-seller di E. L. James.

Atteso da molti come uno degli eventi della manifestazione, il film riprende direttamente la trama del romanzo. La giovane Anastasia, studentessa di letteratura, conosce un brillante uomo d'affari di Seattle, Christian Grey. Quest'ultimo è dedito a pratiche sadomaso estreme a cui anche Anastasia dovrà sottoporsi, se vorrà continuare a frequentarlo. In uscita questo fine settimana anche nelle nostre sale, è un lungometraggio inconsistente e debolissimo che riporta sullo schermo i grossi limiti del testo di partenza.
Tanto sesso e pochissime idee in una pellicola che non riesce mai a scandalizzare come (forse) vorrebbe, risultando soltanto vuota e superficiale.

La regia di Sam Taylor-Johnson (autrice del ben più riuscito «Nowhere Boy» del 2009) è ultra-patinata, compiaciuta e mai efficace, così come impresentabili sono i due protagonisti, Dakota Johnson e Jamie Dornan. Per scioccare, ormai, ci vuole ben altro e il ridicolo involontario fa spesso capolino tra i meandri di una narrazione poco coinvolgente e ancor meno interessante. Molto rumore per nulla.

Decisamente più incisivo è il documentario «Il gesto delle mani» di Francesco Clerici.
Si segue la lavorazione di una delle sculture dell'artista Velasco Vitali, dalla cera al bronzo. I numerosi progressi tecnologici fatti nel campo dell'arte nel corso dei secoli non hanno intaccato i passaggi necessari per creare un'opera di questo tipo: sono, infatti, esattamente gli stessi usati nel VI secolo a. C. per realizzare i bronzi di Riace.
Clerici, qui al suo primo lungometraggio, ha sguardo rigoroso e riprende minuziosamente le delicate operazioni dell'artista, senza fretta, prendendosi tutto il tempo che gli serve.
È un documentario sulla creazione di una scultura, ma è anche un interessante documento sul tempo che, in questo caso, si è davvero fermato.
Presentato nella sezione Forum, è un film curioso e riflessivo, capace di mostrare una professione che non è stata intaccata dai cambiamenti dell'era moderna.

Lo stile può ricordare quello di altri due autori di casa nostra come Massimo D'Anolfi e Martina Parenti («Il castello»; «Materia oscura»), ma il regista ha già un tocco personale che si potrà affinare col tempo. Inoltre, è anche un bel messaggio per i giovani italiani decisi a fare cinema: con un'idea (seppur non si possiedano grandi budget, anzi) si può arrivare persino al Festival di Berlino.

Infine, da segnalare che alla Berlinale è stato inserito in cartellone anche «Torneranno i prati» di Ermanno Olmi, incentrato sulla Prima guerra mondiale.
Uscito nelle nostre sale alcuni mesi fa, il film ha diviso la stampa internazionale tra chi l'ha accusato di una certa ridondanza e di una narrazione ben poco originale, e chi l'ha invece considerato come un omaggio sentito e appassionato alla memoria dei soldati che hanno perso la vita nel corso del tragico conflitto bellico.

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