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Vita da critico, a capire il poeta

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Vita da critico, a capire il poeta

I primi due volumi di un vasto piano editoriale in sei tomi che raccolga l'insieme delle opere di Francesco Mazzoni (1925–2007) su Dante e la sua ricezione, inaugurano molto degnamente l'anno 2015 che celebra i 750 anni della nascita di Dante (1265). A lungo presidente della Società Dantesca Italiana (1968-2005), ha guidato l'impresa dell'Edizione Nazionale delle Opere di Dante, poeta al quale ha consacrato tutta la sua vita di studioso.

Il primo dei due tomi si distingue per una sorta di «geografia dantesca» che riunisce saggi dedicati a luoghi essenziali dell'esperienza dantesca (Campaldino, l'Arno, il Casentino, la Lunigiana), ma anche più marginali come il Piemonte; mentre una parte cospicua è consacrata a un capillare censimento dei codici della Commedia e dei manoscritti delle opere di Dante.

Il secondo tomo presenta un più organico percorso nella lunga storia della critica dantesca nei secoli, da Jacopo Alighieri sino a Giuseppe Vandelli e al discorso di Montale per il VII centenario della nascita di Dante. Libro nel libro sono i due lunghi saggi dedicati a Guido da Pisa e a Pietro Alighieri, tutti sorretti dall'idea di un'esegesi che conduca il lettore, come un nuovo «Dante personaggio», ad immergersi nella «conoscenza sperimentale dell'essere in se stesso», sì da sottolineare quanto Virgilio dice a Maometto nel canto XXVIII dell'Inferno: «ma per dar lui esperïenza piena / a me, che morto son, convien menarlo / per lo 'nferno quaggiù di giro in giro» (vv. 48-50). Sottolinea altresì, Francesco Mazzoni, che proprio allora iniziava a prendere corpo, a fronte di un «Dante retore, filosofo aristotelico e poeta», l'«accesa figura di Dante profeta» che condizionerà l'esegesi dantesca nei secoli a venire, soprattutto in epoca romantica, come ampiamente egli illustra nel capitolo «Il culto di Dante nell'Ottocento», sino alle parole con le quali il Mazzini introduceva la Commedia […] illustrata da Ugo Foscolo, con il voto che un giorno: «uomini imbevuti per lunghi studi della tradizione Italiana, e santificati dall'amore, dalla sventura e dalla costanza, sacerdoti di Dante, imprenderanno, monumento dell'intelletto nazionale, una edizione delle sue Opere».

Venendo ai contemporanei, è molto significativa la minuta analisi delle varianti del Discorso montaliano del 1965, nelle diverse fasi di redazione, dal dattiloscritto che fu letto, alla stampa 1965, a quella 1976; il sorvegliato lavorìo del poeta è attestato capillarmente (negli echi che si riverberano sulla poesia montaliana stessa), con speciale riferimento al libro di Irma Brandeis, The ladder of vision. A study of Danteʼs Comedy (London, Chatto & Windus, 1960), la “Clizia” di decenni remota e che qui torna – come ebbe a chiosare Rosanna Bettarini – «non più Angelus novus delle Occasioni ma Doctor Angelicus in gonnella». Da quella meditazione – osserva Mazzoni – dirameranno altri versi come quelli dedicati appunto A C., (Ho tanta fede in te): «Ci troveremo allora in non so che punto / se ha un senso dire punto dove non è spazio / a discutere qualche verso controverso / del divino poema», con il corollario di Rimuginando: «Non mi sono addentrato nella selva / né ho consultato San Bonaventura come C. / che Dio la protegga.» Non così, infatti, pare distendersi la quotidianità del carteggio con Clizia, restituito con impassibile cura da Rosanna Bettarini (E. Montale, Lettere a Clizia, Mondadori 2006).

Tornando a Dante, tra le molte definizioni del poema che il critico trae – con misurata equidistanza – dai commentatori, una in particolare sembra essere quella più cara a Mazzoni, anteposta alla sua riedizione (1978) della Divina Commedia, munita del commento Scartazzini-Vandelli (Firenze, le Lettere, 1978). Concludendo la propria premessa, egli definiva il poema come «dantesco «itinerarium mentis in Deum» : viaggio di visione e di elevazione, secondo l'esperienza proposta da San Bonaventura stesso, ad esordio del proprio trattato: «nullus potest effici beatus, nisi supra semetipsum ascendat, non ascensu corporali, sed cordiali» («nessuno dunque può essere beato senza elevarsi al di sopra di se stesso, non per ascensione del corpo, ma del cuore»). Precetto d'esordio dell'Itinerarium (I.1) che vale egualmente per il poema di Dante, itinerario di elevazione per grazia e per visione, secondo il Salmo che Bonaventura cita e Dante applica alla Commedia: «Deduc me, Domine, in via tua, et ingrediar in veritate tua » (Ps., 85 [86], 11), itinerario dunque «beatificante e deificante» (Mazzoni).

Si può insomma dire di Francesco Mazzoni quello che Giovanni Andrea Scartazzini, altro esemplare esegeta di Dante, scriveva di se stesso: «pochi furono i giorni nei quali non avessi consacrato da 10 a 12 ore alla scienza dantesca»; sono figure che hanno illustrato un secolo, nella loro strenua fedeltà al Poema: così Michele Barbi, così Giuseppe Vandelli, così – più tardi – Giorgio Petrocchi; e rispetto a quella «vulgata» novecentesca questi volumi traggono (con le parole stesse di Francesco Mazzoni) titolo e ragione: «frutto della tenacia e della appassionata dedizione di uno Studioso che con Dante e per Dante volle vivere una intiera vita».
Francesco Mazzoni, Con Dante per Dante. Saggi di filologia ed ermeneutica dantesca , a cura di G. C. Garfagnini, E. Ghidetti, S. Mazzoni, vol. I: Approcci a Dante, vol. II: I commentatori, la fortuna, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, pahh. 422 + 792; ε 56,00 + 98,00. Il volume si può acquistare dal sito dell'editore
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