Cultura

Stroncatura preventiva di questo numero

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LA MACCHINA DEL FANGO

Stroncatura preventiva di questo numero

La redazione di IL è uno spazio polifunzionale (c'è un democratico tappetino elastico per saltare; la rete internet per gli ospiti degli eventi collettivi; involti di lavanda bio sulle scrivanie; vetrata che permette ai grafici di fotografare con l'iPhone l'ecosistema urbano innevato); la redazione di IL è bibliodiversa (ci sono perfino i libri del guru del Pigneto Christian Raimo!) e partecipata (la gente resta spesso senza badge, ma la fanno partecipare lo stesso, partecipo perfino io che accedo col fine di ridicolizzare il giornale, e fanno entrare anche Francesco Pacifico, nonostante vesta come uno del Teatro Valle). La redazione di IL è una voce che resiste agli affondi femministi dei collaboratori meno allineati, resiste alle torture psicologiche del direttor Rocca per abbassare l'autostima dei collaboratori, e resiste anche a ogni stravagante bozza di cover di Francesco Franchi, l'art director che riesce sempre a farsi invitare a Singapore o a Caracas a scarabocchiare infografiche col suo fare da bravo bambino brianzolo.

Nella redazione di IL c'è il cohousing (quando il numero è in chiusura, ci puoi restare fino alle 10 di sera; il direttor Rocca invece va a vedere la Juve a Torino alle 6), il cabaret di strada (lo humour, ehm, milanese di Alessandro Giberti di YOLO), i progetti permanenti (infatti tutti hanno una scrivania, tranne me, che lavoro inclinata sopra pile di vecchi inviti a sfilate di moda), l'officina delle idee (… idee su che cosa fare con l'attrice carina di Empire) e i flash mob (quando tutti si nascondono dietro le colonne per non farsi vedere dai super-capi). C'è perfino il teatro dell'oppresso (quando un illustratore si finge a suo agio nonostante gli attacchi frontali alla sua autostima) e le scritture femminili: Guia Soncini (Come, scusi? La Soncini non è abbastanza femminista per fare la scrittrice femminile? Ma va là….).

Si sperimenta, insomma, una modalità di aggregazione (io vado a mangiare col direttore, tu crepa e vai in mensa) e socialità (tutti con le cuffie addosso e le teste basse a colorare sfondi come non ci fosse un domani) diversa da quella del Pigneto. Una creatività dove le citazioni di poetesse russe (vedi magnifica Benini sul superfluo) e la letteratura sui traumi infantili (Nadia Terranova) sono tollerate solo come vezzi di colleghe donne, alle quali si perdona ogni capriccio, purché, al momento giusto, (a proposito di Sottomissione) siano pronte a sottomettersi come l'attrice di Empire, la moglie di Adinolfi o una studentella di Coetzee.

E parlando di bambini… Ma se il Bambino del Pigneto – che Minuz compiange nel suo solito pezzo al vetriolo (io ho riso mezz'ora sulla Befana bibliodiversa, non può essere vero!) – vive collezionando figurine di Pasolini, come vive il figlio del mondo milanese di IL? Studia il programma britannico al posto di quello italiano (quello americano è un po' miseruccio), vive a Milano ma non ha mai incontrato uno straniero che non parli il Queen's English e sia figlio di ex modella russa, non mangia in allegre tavolate accompagnate da band balcanica, ma sbocconcella i bagel del nemico ascoltando Jovanotti, perché l'élite, a forza di incontrarlo allo zoo di NY, ha deciso che è un cantautore rilevante.
Per quel che ne so io, chi amava Jovanotti ai tempi della Mia moto aveva allora 10 anni, e adesso, rilevante o no, lo trova glicemico. Comunque, se dargli un corpus teorico vi fa sentire meno stempiati e rimbecilliti, e più saggi e giovanili, non c'è problema. Io vi ricordo solo che ha (cit.) «grandissimo rispetto per le mille sure del Corano».
Il Fuori Collana di questo mese è uno speciale sul dominio del superfluo. Il dominio del superfluo… Ma no, perché? Su un giornale dove il 90 per cento è “buffi uomini in giacca senza camicia e pantaloni senza calzini”, e soap opera camuffate da letteratura? In un contesto dove si twitta anziché respirare, apostrofando “nonni” gli utenti di Facebook e “fessi” quelli di WhatsApp? No, ma perché superfluo?!?

La copertina sul nuovo World Trade Center è quanto ci serve per incartare i vizi, senza perdere di credibilità, e continuando a vincere casse di bottiglie e viaggi per Franchi che, piccino, deve ancora vedere il mondo oltre Saronno. Diciamo che IL è come l'arte secondo Francesco Bonami… Come le macchie di sangue di Billy Bob Thornton sulla neve… Come i classici per Calvino… Ma più come tre ventilatori che si fanno fresco l'uno con l'altro: inutile, ma non possiamo farne a meno.

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