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Led Zeppelin, i 40 anni di «Physical Graffiti» secondo Page: «Sapevamo che stavamo facendo la storia»

Esiste una possibile declinazione rock del concetto nietzescheano di volontà di potenza? Se cercate una risposta a questo interrogativo, provate a guardare dentro «Physical Graffiti», il sesto e più ambizioso album dei Led Zeppelin, uscito il 24 febbraio 1975, esattamente quarant'anni fa.

L'opera di una band che giunta sulla sommità del mondo – non c'era nessuno più grande di loro a metà degli anni Settanta, è bene ricordarlo – si interroga su quale sia la strada più intrigante per spostare un po' più in là i confini del rock and roll e trova risposta nella facciata di un condominio di St. Mark's Street New York City, immortalata in copertina.

Coi tempi di magra musicale che corrono non possiamo certo permetterci il lusso di lasciar passare gli anniversari inosservati e allora ecco che, settimana prossima, Warner Music saluterà l'evento con una rimasterizzata riedizione deluxe di «Physical Graffiti», impreziosita da ben sette inediti. E, per celebrare l'evento, ieri sera in diretta dagli Olympic Studios di Londra è andata in scena la festa in onore dell'album. A presentare il progetto in una diretta streaming ospitata da Yahoo! è stato Jimmy Page in persona, guitar hero e produttore della band che, dopo lo scioglimento degli Yardbirds, raccolse Robert Plant da un'azienda edile, John Paul Jones da una sala prove e John «Bonzo» Bonham da una birreria e li convinse a salire sul dirigibile che avrebbe cambiato per sempre la storia del rock.

I sette inediti tra versioni alternative e «bozze»
«Ci troviamo nella stanza dove abbiamo registrato il primo album, negli studi dove abbiamo realizzato le sovraincisioni di “Physical Graffiti” - ha detto Page introducendo l'evento - qui è dove abbiamo fatto la nostra storia». Il momento più atteso è quello dell'ascolto delle sette tracce inedite, versioni iniziali o alternative di altrettante canzoni del disco: fra queste spiccano «Sick Again», molto più heavy con meno sovraincisioni e un'intro diversa rispetto alla versione finale («Eravamo solo io e John Paul Jones a registrarla», spiega Page), ed «Everybody Makes It Through», che della definitiva «In The Light» mantiene la melodia ma con uno stile molto differente («Uno schizzo preparatorio con un carattere diverso»). In generale le canzoni, ancora prive di molte sovraincisioni di chitarra, risultano più immediate e d'impatto grazie a una minore sofisticazione sonora. «Dopo tour lunghissimi avevo tempo a disposizione e alcune canzoni pronte con suoni e orchestrazioni già in testa - ha raccontato il chitarrista a proposito della realizzazione di “Physical Graffiti” nel cottage di Headley Grange - dovevamo registrare lì dove avevamo trovato il nostro suono con il quarto album».

«Kashmir», territorio musicale inesplorato
Immancabile un richiamo a «Kashmir», la traccia più celebre e sperimentale del disco («Nessuno di noi ci era andato, ma con quella canzone sapevamo che stavamo realizzando una cosa mai fatta prima»), per poi parlare degli storici cinque show a Earl's Court nel maggio del 1975 («Siamo stati i primi in Inghilterra a suonare con proiezioni e laser che oggi vedi dappertutto»). Proprio riguardo all'esperienza dal vivo Page ha raccontato: «Ai tempi, senza videoclip, la risposta del pubblico alle nuove canzoni si misurava dal vivo. Allora la musica poteva cambiare davvero la vita delle persone». Il chitarrista si è poi soffermato sul senso dell'iconica copertina, che raffigura persone e oggetti dietro le finestre di un palazzo dell'East Village: «L'idea era una continuazione della ruota di “Led Zeppelin III”: ha rallentato l'uscita del disco ma ci tenevamo». Al termine dell'evento Page ha dichiarato che il progetto di riedizioni continuerà con gli ultimi tre album, «Presence», «In Through The Out Door» e «Coda»: «Siamo al giro di boa delle nostre riedizioni, arriveranno delle belle sorprese: il piano generale era catturare l'essenza e lo spirito creativo dell'epoca in cui i dischi furono concepiti». Niente probabilmente rappresenta gli Zeppelin meglio di «Physical Graffiti», percorso musicale che parte dall'hard rock marchio di fabbrica, attraversa la black music per toccare i raga indiani, non perde mai di vista l'anima blues della band eppure si concede qualche escursione nella tradizione folk. Un approccio del genere, negli anni Settanta, veniva subito etichettato come progressive. In un certo senso è progressive «Physical Graffiti» che adesso torna in doppio cd e doppio lp rimasterizzati, in triplo cd e triplo lp con i sette inediti, in versione digitale e con un box set contenente cd, lp, inediti e contenuti speciali. O, se preferite, è pura volontà di potenza.

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