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Questo articolo è stato pubblicato il 26 febbraio 2015 alle ore 07:17.

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La mia vicina di casa ha otto anni. Un giorno ha organizzato una svendita di peluche in giardino: su ogni articolo aveva appiccicato un cartoncino con su scritto «£ 0». Non era una liquidazione: era l'infanzia data in beneficenza. La prima persona a cui ho pensato, assistendo a questa scena, è stata Miranda July. Solo che nei film di Miranda July le persone che fanno queste cose hanno trent'anni. Lo scorso aprile, il Guardian ha pubblicato un articolo molto controverso sul cupcake fascism.

Il pezzo parla dei rischi insiti in una generazione che ripugna lo sporco, nega il conflitto di classe e restaura i valori di una tiepida borghesia a forza di mangiare cupcake, suonare l'ukulele e girare per mercatini vintage. Ancora una volta, la prima persona a cui ho pensato è stata Miranda July. Tutte le cose che fa, e ne fa tante, sono insopportabilmente carine e restauratrici nonostante il loro alone di stranezza. Nel suo primo film di successo, Me and You and Everyone We Know, c'è una bambina che prepara il suo corredo matrimoniale. Nella raccolta di racconti Tu più di chiunque altro (Feltrinelli, 2007) ci sono adulti che imparano a nuotare all'asciutto, sdraiati su un pavimento di legno, davanti a un'istruttrice che dà lezioni.

Un mondo di bambini adulti e di adulti infantilizzati: se c'è una poster girl per il cupcake fascism, deve essere Miranda July. Tutte le volte che la vedo mi chiedo: che diavolo ce ne facciamo di tutta questa carineria? Il suo primo romanzo, The First Bad Man, non fa che riproporre questo interrogativo. La protagonista del libro, Cheryl, è una donna poco più che quarantenne con un bagaglio di ipocondrie e manie ossessivo-compulsive. Ha una cotta per Peter, il quale, invece di concederle una possibilità, le confida le sue incursioni sessuali nel mondo adolescente. La donna conduce una routine rassicurante finché non si ritrova a ospitare la figlia dei suoi datori di lavoro, Clee, un personaggio volitivo, brusco e aggressivo. Cheryl lavora per una compagnia che, dopo aver organizzato corsi di autodifesa per donne, ha deciso di produrre dvd in cui l'autodifesa si trasforma in una scusa per fare aerobica e la componente di tutela diventa marginale rispetto all'esigenza di un corpo magro e bello. Cheryl prende ispirazione dai dvd e convince la ragazza a instaurare un gioco di violenze reciproche in cui se le danno di santa ragione con qualche divagazione erotica. Il romanzo poi avvia una placida riflessione sulla maternità e l'identità di una donna che non si è mai espressa, e finisce più o meno così.
Quando un critico accusa una scrittura di essere troppo cinematografica, la maggior parte delle volte non sa di che cosa sta parlando: cinematografico, in quei casi, è un sinonimo sciatto di visivo. Il problema del romanzo di Miranda July non è che è cinematografico, ma che crede di essere un film. Non a caso il libro si apre con la frase: «Mi recai nello studio del dottore come se fossi la protagonista di un film». Va da sé che la lettura è compromessa e che non stiamo né lì né qui. È una deformazione che ovviamente le deriva da questa carriera di so-fare-un-po'-tutto, non a caso in un'intervista l'autrice parla di come sia stato «fare il romanzo», non «scriverlo». Questo contorno è tutto tranne che problematico o originale, ma se la sua intenzione era rompere il romanzo, anche con un sito in cui si vendono gli oggetti che vengono citati nel testo (The First Bad Man Store), beh, ci sono autrici che lo stanno facendo meglio di lei (una su tutte, Leanne Shapton). Se invece l'obiettivo era quello di scrivere una storia che vale la pena ricordare, allora l'impresa le è riuscita a metà. Per essere il primo romanzo di un'autrice che ci ha abituato alle trasfusioni coi colori pastello e le ideologie a cera, The First Bad Man è quasi adulto. La via di uscita dalla carineria è ancora lontana, eppure qualcosa in Miranda July si muove. Leggendolo ho pensato che non era sempre comodo, non era sempre innocuo e non era sempre strano. Ma forse la vera impresa è che, a differenza di Gregor Samsa che una mattina si è svegliato scarafaggio, non mi sono trasformata in un cupcake leggendolo. Non tutta la letteratura è trasformativa: non sei riuscita a cambiarmi Miranda July, non mi hai cambiata lo sai. Possiamo restare amiche lo stesso.

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