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Addio Leonard Nimoy, il Signor Spock di Star Trek

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l’attore si è spento a 83 anni

Addio Leonard Nimoy, il Signor Spock di Star Trek

NEW YORK – Era nato a Boston, 83 anni or sono, figlio di un ebreo otrodosso immigrato dall'Ucraina che di mestiere faceva il barbiere. Ma per generazioni di fan è sempre e solo stato un imperturbabile vulcaniano nato nel 2230 nell'immaginaria città di Shi'Kahr. Pronto a risolvere con una logica ferrea le situazioni più difficili, figlio di un pianeta alieno che però non dimentica del tutto il suo lato umano (da parte di madre), quello delle emozioni. A cominciare da fedeltà e amicizia.

Mr. Spock, al secolo l'attore Leonard Nimoy, è scomparso per una grave malattia ai polmoni, la broncopneumatopatia cronica ostruttiva, contratta da una vecchia e tipica abitudine terrestre, le sigarette. La sua è un'eredità ben più vasta della lunga serie televisiva e cinematografica di fantascienza Star Trek. Era fotografo, poeta e musicista (anche se quest'ultimo sforzo riscontrò assai meno fortuna tra i critici). Come attore si distinse in altre celebri serie Tv, quali “Misson: Impossible”, e in produzioni treatrali. Più volte si cimentò come regista. Nel 1982 impersonò il marito di Golda Meir nel film “A woman called Golda”, a fianco di Ingrid Bergman e guadagnandosi una delle sue quattro nomination agli Emmy.

Ma è Star Treck che l'ha consegnato alla memoria collettiva. Al debutto nel 1966, la serie visse di due attori protagonisti: William Shatner, il capitano James T. Kirk, e Nimoy, primo ufficiale dell'astronave Enterprise. Con una precisazione dello stesso creatore Gene Roddenberry: Nimoy, che prima di essere scritturato per la parte insegnava recitazione, divenne fin da subito la vera «coscienza di Star Trek». Il bostoniano riconobbe la complicata relazione con il suo famoso alter ego di Vulcano e le sue inconfondibili orecchie a punta: due libri autobiografici hanno titoli opposti, “Io non sono Spock” e “Io sono Spock”.

Pochi forse oggi ricordano che prima di passare alla storia del piccolo schermo Star Trek conobbe vicissitudini degne delle esplorazioni spaziali dell'Enterprise verso frontiere «dove nessun uomo è mai giunto prima». Venne cancellata dopo soli tre anni per gli scarsi spettatori. Aveva però saputo, con il filtro del lontano futuro e di effetti speciali che oggi potrebbero far sorridere, riflettere nelle sue trame e nei suoi personaggi problemi sociali, razziali e politici di un'era turbolenta. E anche per questo, forse, fu in grado ugualmente di lasciare il segno e di riaffiorare.

Nonostante lo scarso successo iniziale, infatti, la serie conquistò progressivamente popolarità grazie al passaggio in syndication, la vendita dei diritti di trasmissione a nuovi canali televisici. Fino a creare un vero e proprio culto, compresa la nascita di movimenti di “trekkies” o “trekkers” impegnati a organizzare periodici convegni in costume nei minimi dettagli con tanto di linguaggi extraterrestri.

Nei decenni più recenti Star Trek ha dato i natali a numerosi film con il cast originale e ad una collezione di spin off televisivi con nuovi attori e personaggi. Infine è arrivata una rivisitazione per il cinema che ha già visto due lungometraggi, nel 2009 e nel 2013 sotto la direzione di JJ Abrams, dove Nimoy è tornato come comparsa in un tributo al suo ruolo.

Un ruolo incapsulato dal suo saluto senza tempo, una V formata dalle dita di una mano (e ideata da lui stesso ispirandosi alla lettera dell'alfabeto ebraico con cui inizia uno dei nomi di Dio). E dal suo altrettanto longevo augurio: “Live long and prosper”. Lunga vita e prosperità. O meglio, in vulcaniano, Dif-tor heh smusma.

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