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L'altra faccia del sogno americano in «Erano tutti miei figli»

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TEATRO

L'altra faccia del sogno americano in «Erano tutti miei figli»

Miller al cubo in una crisi totale di coscienze dove gli errori generazionali mietono vittime innocenti immolate sull'altare del dio denaro e della menzogna: “Erano tutti miei figli”. Testo capolavoro di rara intensità e sincronismo drammaturgico, scritto nel 1947, presente e profetico nella sua torbida attualità di apologo senza tempo, dramma dalla lama affilata che affonda pian piano inesorabile nel tessuto di quella matassa di anima e sangue che si chiama famiglia.

La tragedia esistenziale, diretta da Giuseppe Dipasquale, è immediatamente calata in una serra lattea dove non abita il calore del sole ma un vento gelido che flagella alberi e speranze, mentre la dannazione si acquatta dietro l'angolo. Qui si squaderna in crescente pathos il resoconto finale e per nulla consolatorio dei segreti e inganni di Joe Keller. Facoltoso imprenditore senza scrupoli, incarnato da Mariano Rigillo in una delle prove più esaltanti della sua lunga carriera, ambiguo e feroce nella sua apparente cortesia, Keller, si è arricchito durante la guerra producendo materiali difettosi per l'aviazione che hanno provocato la morte di ventuno giovani piloti, un delitto colposo atroce di cui con efferata nonchalance declina ogni responsabilità spedendo in galera il socio al posto suo. Un impostura che con la scomparsa avvolta nel mistero del figlio Larry incombe come un spettro sulla moglie Kate, complice dall'indomita fragilità a cui dà voce con intensa empatia Anna Teresa Rossini, oltre le parole nel suo sguardo e movenze leggi quella luce sinistra che li unisce, lo sperdimento che schiaccia, l'imporsi dell'assenza e menzogna.

Pian piano l'equilibrio instabile e ipocrita che li unisce vacilla verso la vertiginosa caduta e ribaltamento del miraggio yankee fatto di benessere ma avvelenato da un fiume di sporco denaro, tocca al figlio superstite della coppia Chris, Ruben Rigillo, e Ann, ex- fidanzata di Larry, Silvia Siravo e suo fratello George, Giorgio Musumeci, sovvertire l'ordine sociale e familiare, facendo emergere la verità. La tragedia si svela parola dopo parola sotto gli occhi dei vari personaggi, vittime e carnefici, che girano intorno ai Keller, tra cui spiccano il tormentato dottor Bayliss di Filippo Brazzaventre e l'invadente moglie Sue di Barbara Gallo. Il finale mostra senza pudore la realtà più amara e autentica. La catarsi arriva con il suicidio di Keller e finalmente Kate può chiudere il cerchio: “Non prenderti la colpa. Dimentica. Ora vivi”.

“Erano tutti i miei figli” di Arthur Miller. Traduzione di Masolino D'Amico. Regia di Giuseppe Dipasquale. Scene di Antonio Fiorentino. Costumi di Silvia Polidori. Luci di Franco Buzzanca. Interpreti: Mariano Rigillo, Anna Teresa Rossini, Ruben Rigillo, Silvia Siravo, Filippo Brazzaventre, Barbara Gallo, Enzo Gambino, Annalisa Canfora, Giorgio Musumeci. Produzione Teatro Stabile di Catania-Doppiaeffe Production. Durata 2 ore con intervallo. In scena fino al 15 marzo-Teatro Carcano-Milano

17-22 marzo Teatro Della Corte-Genova
25- 29 marzo –Teatro Verdi- Padova

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