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Maestoso «Foxcatcher» con un grande Steve Carell

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CINEMA

Maestoso «Foxcatcher» con un grande Steve Carell

Il cinema americano protagonista in sala: in questo weekend escono due pezzi da novanta come «Foxcatcher» di Bennett Miller e «Blackhat» di Michael Mann. Per gli amanti della (solita) commedia italiana, spazio a «Ma che bella sorpresa» di Alessandro Genovesi.

Presentato in concorso all'ultimo Festival di Cannes, dove ha ottenuto un meritato premio per la miglior regia, «Foxcatcher» racconta la vera storia del multimilionario John du Pont, paranoico e schizofrenico, che nel 1996 uccise il campione di wrestling David Schultz.

La vicenda si concentra inizialmente su Mark, il fratello minore di David, anch'egli lottatore di grande successo che, diversi anni prima, entrò a far parte della squadra dei “foxcatcher” guidata dallo stesso du Pont. Più che un semplice film sportivo, l'ultima pellicola di Bennett Miller è una profonda indagine psicologica sulle relazioni umane, siano esse parentali o tra persone di diversa ascendenza sociale.

Forte della rigorosa sceneggiatura di E. Max Frye e Dan Futterman, «Foxcatcher» non ha cali per tutta la sua durata (circa 130 minuti) e cresce alla distanza anche grazie ad alcune straordinarie interpretazioni: da un efficace Channing Tatum (Mark Schultz) a un irriconoscibile ed eccellente Steve Carell, nei panni di John du Pont. Un grande film sulla fine del sogno americano, intensissimo e difficilmente dimenticabile.

Il regista Bennett Miller, qui al suo terzo lungometraggio dopo «Truman Capote» e «L'arte di vincere», non è mai stato così bravo.

Altrettanto atteso è «Blackhat», ultima fatica del grande Michael Mann. Dopo aver raccontato la figura di John Dillinger in «Nemico pubblico», l'autore di Chicago segue la storia di un hacker pregiudicato, in licenza dal carcere per identificare e annientare una fitta rete di criminalità informatica che opera a livello mondiale.

Ben fotografato da Stuart Dryburgh, «Blackhat» è un film che riflette con forza sulle tragedie, collettive e personali, capaci di mettere in scacco una nazione (il rimando va sempre all'11 settembre) o l'esistenza di un individuo come tanti.

Lo stile è ipnotico, ellittico e in grado di affascinare, ma sono da evidenziare alcuni limiti di verbosità nella sceneggiatura, scritta dall'esordiente (e si vede) Morgan Davis Foehl. Le imperfezioni del copione inficiano in parte la resa di un prodotto suggestivo, stratificato ma lontano dai migliori risultati ottenuti in carriera dal regista di «Heat – La sfida» e «Collateral».

Pellicola debole e priva di pretese è, invece, «Ma che bella sorpresa» di Alessandro Genovesi con Claudio Bisio. L'attore interpreta un professore di letteratura che, qualche tempo dopo essere stato lasciato dalla fidanzata, conosce una ragazza di cui s'innamora. C'è però un piccolo particolare: è l'unico a riuscire a vederla.

La formula narrativa è abbastanza prevedibile e, a differenza di quanto dice il titolo, le sorprese sono ben poche in questa commedia che sa troppo di già visto. La regia è piuttosto piatta mentre il copione procede imperterrito verso un lieto fine banale e scontato. In un paio di sequenze si ride, ma di certo non basta.

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