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Nella danza di Matteo Levaggi la mente inventa e il corpo risponde

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DANZA

Nella danza di Matteo Levaggi la mente inventa e il corpo risponde

“La coreografia dovrebbe servire come canale del desiderio di danzare”. Ad asserirlo è William Forsythe. Ed è quanto si coglie nella cifra di Matteo Levaggi e nel suo “InVento”, seconda tappa, dopo “Ali per volare”, del Bird's Dance Project, che ha debuttato al Teatro Cantiere Florida di Firenze. Il suo progetto, inteso programmaticamente come “primo volo”, vuole dare la possibilità a giovani danzatori appena usciti dal loro percorso di formazione, di lavorare con noti coreografi.

E Levaggi, oggi autore freelance in grande attività internazionale dopo la lunga esperienza, fino al 2014, come coreografo residente del Balletto Teatro di Torino, possiede fantasia gestuale e di movimento dall'ampio respiro contemporaneo attraverso cui, non concedendo appigli narrativi, affida al solo corpo “raccontare” le proprie tensioni investendo lo spazio, aggredendolo, plasmandolo.

Il segno che, sulla scena, incidono i quattro, tecnicamente eccellenti, danzatori, è molto fisico, netto, vibrante, con le braccia particolarmente impegnate a disegnare dinamiche d'intrecci. Nel nome di purezza, logica matematica ed eleganza ¬– derivata dal classico –, le coppie che si formano, poi terzetti, quindi assoli e gruppi continuamente ricomposti in nuove formazioni, agiscono sulla musica offerta sul momento a loro insaputa: un sonoro aleatorio di tre brani scelti da una playlist la sera stessa dal coreografo. Sono suoni elettronici e rumori urbani, con l'aggiunta di una voce e di respiri, infine di una musica rock, sulla cui base attivare un ritmo tutto interiore con la coreografia che accende le pulsioni e l'energia dei giovanissimi interpreti in costumi argentei. Essi scandiscono il silenzio di un'attesa fuori dalla scena entrandovi e uscendovi in un avvicendarsi di accelerazioni e sperdimenti, linee che si separano per poi ritrovarsi. Una trama di movimenti di volta in volta indipendenti o correlati, grazie a un tessuto intimo di nessi imprevedibili e anche tattili tra loro.

L'inizio è nella penombra di un fondale grigio, poi colorato, dove si staglia un ballerino. Entra prima con disincanto, calma, derisione. Poi come in conflagrazione. Ostacola la sua partner, o il suo partner, sfidandola con gesti con cui pare strappargli l'anima. È veemente, poi morbido, sull'incalzare dei ritmi spesso sincopati poi allungati che creano legami con l'ingresso e l'uscita degli altri interpreti e le sequenze elastiche, o alterate, che si creano, e infine si spezzano. Colpisce l'incalzante dinamismo del disegno di Levaggi che esalta la diversità nella simultaneità con una danza oggettiva e astratta declinata come le pulsioni dell'oggi comandano. Ma che rimane ancora troppo algida.

“InVento”, coreografia Matteo Levaggi, danzatori Francesca Attolino, Alekseij Canepa, Elisabetta Guttuso, Gianni Notarnicola, musica Autechre, disegno luci Carlo Villa, produzione Alkema Ambasciatori di Cultura. A Firenze, Teatro Cantiere Florida.

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