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Le cose cambiano/3

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Le cose cambiano/3

I libri di due intellettuali europei con storie molto diverse e conclusioni molto simili: è il momento di darsi da fare.
Giuliano da Empoli e Raphaël Glucksmann sono due intellettuali europei con storie molto diverse, ma con la stessa preoccupazione: la generazione dei trenta-quarantenni, di cui anche loro sono rappresentanti, che oggi prende il potere, la generazione gueule de bois, post-sbronza, come la definisce Glucksmann, riuscirà a sconfiggere i conservatorismi che da sempre ostacolano la sua ascesa? Le risposte – contenute nei due saggi pubblicati quasi in contemporanea, La prova del potere e Génération gueule de bois – sono confortanti, ce la si può fare, e soprattutto sono il frutto di esperienze differenti, che pure portano a una conclusione simile – e anche questo è rassicurante.
Da Empoli è cresciuto tra l'Italia e la Francia, ha una passione per il mondo anglosassone, è stato assessore alla Cultura della giunta Renzi a Firenze e di Matteo Renzi è stato consigliere, mentre Glucksmann si è occupato della frontiera est dell'Europa, era a Kiev, venticinquenne, quando scoppiò la rivoluzione arancione nel 2004, poi in Georgia con l'ex presidente Mikhail Saakashvili, e di nuovo a Maidan per la guerra di oggi in Ucraina. Entrambi provengono da Paesi “vecchi” e si sono interrogati sul nuovo, su quel che può e deve accadere adesso, nella politica, nella cultura, nelle relazioni internazionali, nel confronto con la nostalgia reazionaria, che vuole mantenere tutto com'è e rifiuta, appunto, il nuovo.
Da Empoli tratteggia il «vecchissimo Paese» che è l'Italia utilizzando riferimenti storici e contemporanei: apre il libro con il professore noioso di Harry Potter, lo chiude sfatando per sempre il mito dell'eterna giovinezza di Peter Pan, e in mezzo, tra Sartre e il generale Kutuzov di Guerra e pace, racconta il potenziale del nostro Paese affossato dai conservatorismi, passando per Venezia, il modello del gondoliere conservatore e l'invenzione trionfale della Biennale. Di contraddizione in contraddizione – le forze che ci portano a farci inghiottire dalla storia e quelle che invece ci fanno sentire unici, e primi – da Empoli identifica il punto da cui la generazione al potere può ripartire: «Non c'è altro luogo al mondo che sia più capace dell'Italia di far vivere le eccezioni» (il bello di La prova del potere è questo: ti senti gasato, perché sei italiano. Non capita spesso). E la generazione X, «incerta su tutto», «la classe d'età meno uniforme della storia, la più sciancata», riesce a generare «una forza imprevista» da «questo insieme di debolezze». Sempre che abbia voglia di smettere di ripartire da zero ogni volta, di smettere di dare la colpa agli altri, di diventare ciò che è.
Quel che siamo, secondo Glucksmann, ha a che fare con l'Illuminismo, l'apertura, la libertà, ma l'imperativo del mondo post ideologico, cioè il pragmatismo, ha fatto sì che le battaglie identitarie e i sogni finissero nelle mani dei reazionari. C'è il Fronte Nazionale in Francia, che Glucksmann racconta con toni apocalittici, e c'è la Russia putiniana che vuole smontare, pezzo di terra dopo pezzo di terra, la vocazione libertaria dei Paesi dell'ex Urss. Secondo Glucksmann, bisogna dire no ai reazionari, ribellarsi, non perdersi nei dettagli delle piazze piene però acefale, ma piuttosto nella dimostrazione che quelle piazze danno al mondo: tutte, dal Cairo a Maidan, chiedono libertà e i conservatori continuano a negargliela (con la forza). Soprattutto, dice Glucksmann, la generazione che non s'è goduta la sbronza deve ricominciare a raccontare la sua storia, «dobbiamo reimparare a dire e a vivere gli ideali che costituiscono la nostra società e la nostra democrazia: il nostro impegno sarà mediatico, culturale, sociale, religioso, educativo, economico, e certo politico». Non c'è tempo, «siamo nati con questo secolo, nessuno lotterà al posto nostro». Che, per usare le parole di Giuliano da Empoli, significa «ribaltare lo schema del ventennio minorenne» dell'Italia, quella «gerontocrazia governata dal culto della giovinezza», facendo l'esatto contrario, con «una classe dirigente giovane che abbia la forza di essere adulta fino in fondo».

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