Cultura

1992 - Mazzette, starlette e scuole steineriane

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YOLO

1992 - Mazzette, starlette e scuole steineriane

Gli anni Ottanta sono uno stato mentale: possono tornare e durare per sempre». È la dichiarazione programmatica di Leonardo Notte, alias Stefano Accorsi, squaletto del marketing alla prima apparizione davanti al popolo di Publitalia, di cui è diventato consulente per volere di Marcello Dell'Utri. È uno dei personaggi falsi, ma molto veri, della serie 1992, già passata al Festival di Berlino, su Sky Atlantic e Sky Cinema 1 dal 24 marzo (e in contemporanea in altri quattro Paesi: Regno Unito, Germania, Irlanda, Austria).

È questione di nuovi benchmark e della loro relativa creazione: oggi la nostra Sky si vuole posizionare come la Hbo di vent'anni fa su quel fronte di operazioni culturali che trasformano il nazionalpopolare in materiale di (famigerata) “qualità”. L'esito a oggi più compiuto (e col più alto grado di hype sulla seconda stagione, a breve sul set) è Gomorra – La serie. 1992 naviga su quella rotta, ma dove arriva?
È la prima domanda a visione fresca, la seconda viene subito dopo: dove si mette l'appeal popolare in una storia di mazzette, piani pubblicitari, sottosegretari corrotti e via così? La risposta della nuova – e ambiziosa, rischiosa, generosa – serie è la nostalgia. Gli anni Novanta, a differenza dei precedenti, non sono uno stato mentale: sono puro revival. E allora facciamo un album di figurine in cui far riconoscere una nazione – l'irlandese e l'austriaco, ce lo diranno loro che cosa hanno capito.

Si diceva: Accorsi è Notte, i piedi dentro il marketing che guarda un intero Paese ribellarsi ai suoi padroni. Notte scopa con Veronica Castello (Miriam Leone), starlette che sogna una raccomandazione a Domenica In. Veronica va a letto con Notte ma anche con l'imprenditore milanese Michele Mainaghi (Tommaso Ragno), in odore di tangenti. La figlia di Mainaghi è Bibi (Tea Falco), perfetto diminutivo da milanese di famiglia bene che però vuole fare la punkettona. Bibi inizia a frequentare Luca Pastore (Domenico Diele), avvocaticchio fresco di ingaggio nel pool di Antonio Di Pietro (Antonio Gerardi). Che è, costui, uno dei pochi personaggi realmente esistiti/esistenti del cast.

Mario Chiesa, già presidente del Pio Albergo Trivulzio e protagonista della sequenza d'apertura dell'episodio numero 1, ha già minacciato una querela: quella pioggia di centomila lire buttate nel water non corrisponde a verità. La verità di 1992 è però un'altra. Quei soldi nel cesso sono lo stato mentale degli anni Ottanta che se ne va, forse.

La verità – da passarsi sotto forma di figurine: celo, manca – sono le pellicce delle mogli dei socialisti, le scopate su una vetrata vista Torre Velasca come segno di status sociale, il partito di Moana, la sigla di Casa Vianello accanto a Everybody Hurts, i floppy disk e Buona Domenica, il passaggio da Potere Operaio al PDS: «Un bel salto», dice Notte/Accorsi all'amico ex compagno venduto alla “gauche-gricia”. Sono le ragazzine di Non è la Rai che altre ragazzine dicono di guardare «con spirito critico», e che i piazzisti di spazi televisivi vendono come investimento sicuro agli imprenditori. È la Storia d'Italia a fumetti di Enzo Biagi, l'invenzione del Va, pensiero della Lega Nord, l'aura viola nelle pubblicità progresso contro lo spettro collettivo dell'Aids, la scuola steineriana «dove vanno anche le figlie di Berlusconi». Sono le scarpe di Berlusconi. Lui non compare mai e compare sempre, come fosse il golem di un'epoca. Si vedono solo i suoi tacchetti lucidi da sotto la porta di un gabinetto. Dice il vero/falso Silvio a Notte, che gli piscia accanto: «Pulisci sempre l'asse, se no chi viene dopo pensa che sei stato tu a sporcare». Se basta come claim di un decennio, la serie è servita.

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