Il cinema impegnato è protagonista nelle sale: l'uscita più attesa di questo weekend è «Il padre», film di Fatih Akin presentato in concorso all'ultima Mostra di Venezia. Inizialmente ambientata nel 1915, quando la polizia turca fa irruzione nelle case armene per portare via tutti gli uomini della città, la pellicola segue l'esistenza del giovane fabbro Nazaret Manoogian, sopravvissuto all'orrore del genocidio. Tempo dopo, l'uomo scopre che le sue due figlie sono ancora vive e si mette sulle loro tracce per ritrovarle.
Parte da uno spunto indubbiamente importante l'ultimo lungometraggio di Akin, autore nato in Germania da genitori turchi, che torna su una delle pagine più tristi e drammatiche che hanno coinvolto la terra d'origine della sua famiglia. Il genocidio armeno, tragico evento oggi troppo dimenticato, viene rievocato coraggiosamente da una pellicola dai contenuti forti, capace di colpire a fondo anche se vittima di un andamento narrativo eccessivamente ridondante. Gli elementi più interessanti del soggetto di base rischiano così di perdersi, almeno in parte, a causa di un'evidente prolissità e di una messinscena non sempre avvincente al punto giusto.
Buona, in ogni caso, la prova del protagonista Tahar Rahim, attore francese scoperto grazie al notevolissimo «Il profeta» di Jacques Audiard. Grosse ambizioni anche per «White God» dell'ungherese Kornél Mundruczó. In seguito a una legge che favorisce i cani di razza e penalizza i proprietari dei meticci, la tredicenne Lili combatte per proteggere il suo amato cane Hagen. Suo padre, però, non vuole sentire ragioni e decide di liberarsene. Storia curiosa e di forte impegno civile, «White God» propone molteplici argomenti: abbandono degli animali, rapporti genitori-figli, un sistema contro cui ribellarsi, l'ingiustizia e i maltrattamenti. Mundruczó ha discreto talento (e lo dimostra nel bel finale), ma mette troppa carne al fuoco e non riesce sempre a dosare opportunamente i tanti ingredienti a disposizione. Il film ha vinto il premio Un Certain Regard al Festival di Cannes 2014: troppa grazia, anche se le suggestioni non mancano.
Infine, per chi desidera una visione più leggera, da segnalare «Se Dio vuole» di Edoardo Falcone con Marco Giallini. L'attore interpreta Tommaso, cardiochirurgo ateo, divorziato e con due figli: Bianca, ragazza priva d'interessi, e Andrea, giovane brillante e pieno d'idee. Quando quest'ultimo annuncia alla sua famiglia di voler diventare sacerdote, per il padre non sarà semplice accettare la sua scelta. L'esordio alla regia di Edoardo Falcone, già sceneggiatore di film come «Nessuno mi può giudicare» e «Viva l'Italia», è incentrato sul rapporto tra scienza e fede, rispettivamente rappresentati dal padre Tommaso e dal figlio Andrea. Nel confronto interverrà poi un sacerdote, interpretato da Alessandro Gassman, che ha avuto una grande influenza sulla decisione del ragazzo.
Tali importanti argomenti, però, lasciano presto spazio a una commedia piuttosto leggera, che sfiora tematiche di alto livello per poi adagiarsi su soluzioni narrative ben più semplici e convenzionali.Poteva essere un film significativo, ma il risultato finale è piuttosto monotono e facilmente dimenticabile.
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