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Il coraggio di Ada in quel tempo terribile e magnifico

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Il coraggio di Ada in quel tempo terribile e magnifico

Quel tempo. Quel tempo terribile e magnifico che presto sarà solo memoria, quando l'ultimo dei sopravvissuti avrà lasciato questa terra.
Benedetti siano dunque i libri che raccolgono preziose testimonianze. L'ultimo nato di questo prezioso e inestimabile filone viene alla luce da madre in figlio.

Dario Venegoni, giornalista, ha raccolto,in quindici anni di lavoro, le memorie della mamma, Ada Buffulini, mettendo ordine nei ricchi materiali rintracciati tra carte di famiglia e archivi pubblici e privati. Un lavoro certosino e di straordinaria qualità e capacità divulgativa da parte di Venegoni (basta notare lo scrupolo della traduzione del criptico linguaggio imposto dalla clandestinità) efficace sintesi del mestiere di una vita applicato all'amore per la grande storia della Resistenza di cui la sua famiglia è stata indiscussa protagonista.

A partire da Ada Buffulini, classe 1912, che ci racconta degli anni della milizia antifascista, dell'arresto, della deportazione nel '44 e soprattutto dei lunghi mesi trascorsi nel lager di Bolzano, dove Ada fu il principale punto di riferimento dell'attività clandestina sino al 25 aprile del 1945.

Cuore del racconto dell'Adalgisa («Era l'ottobre del '43, da allora non ebbi più casa, né parenti, né lavoro e per tutti fui solamente Adalgisa») le lettere clandestine scritte prima dal carcere di San Vittore e poi dal lager di Bolzano, che costituiscono lo straordinario canovaccio di questo appassionante racconto di vite. Sia detto, non a caso, al plurale perché nell'esistenza di Ada si concentrano tali e tante esperienze da bastare a riempire decine di esistenze.

Venegoni rammenta nell'introduzione come venne in possesso di quei preziosi reperti cartacei: foglietti, bigliettini, brandelli di carta con numerose righe rese illeggibili dal tempo, ma scritti con l'inconfondibile calligrafia della madre. «Tua mamma non si chiamava Ada?», fu la frase d'esordio di una telefonata in un pomeriggio del 1998 che gli fece scoprire il tesoro, ovvero decine di fotocopie di una fitta corrispondenza conservata dai figli di Ferdinando Visco Gilardi, l'uomo che a Bolzano organizzò dall'esterno un comitato di assistenza ai deportati. Un paradosso se si pensa che della corrispondenza “ufficiale” è rimasto quasi nulla.

È così che tale ritrovamento, unito agli scritti di Ada (morta il 3 luglio del 1991), ha consentito a Dario di ricostruire la vita di una triestina, nata nel 1912 nel “quieto ambiente” di una famiglia della buona borghesia irredentista: il padre ingegnere capo del Comune, la mamma insegnante elementare. Il trasferimento a Milano per frequentare la facoltà di Medicina (sarà per tutta la vita ottimo radiologo e quella professione fu arma preziosa nella sua perigliosa vita nel lager) la mette a contatto con l'ambiente antifascista e in particolare con Lelio Basso, allora segretario del Partito socialista di cui sarà militante sino al primo dopoguerra per passare poi al Pci.

Capita dunque ad Ada che lo spirito d'avventura, dopo l'arresto dell'amica Elena Moncalvi, lasci il posto al «periodo terribile e magnifico, a volte ossessionante come un incubo, a volte splendido come un'epopea; quel periodo in cui tutto fu dimenticato, di quanto aveva formato fino ad allora la mia vita, per ricordare una cosa sola, la passione politica per la qual vivevo e per la quale sapevo che avrei potuto ogni giorno morire».

Parole che risuonano da tempi lontani e che assumono a una prima lettura sembianze di una dimensione eroica, tuttavia respinta in ogni istante di vita da Ada. Ha ben ragione dunque il figlio Dario a rammentare quanto quella scelta sia stata vissuta dalla madre con la semplicità di chi sa che in quel momento non c'era alternativa. Scrive Ada nella lettera memoriale del febbraio del 1947 al neonato figlio Mauro: «Ho voluto scriverti un diario nel quale ci sono sì il tuo primo dentino o la prima pipì nel vasetto, ma soprattutto l'immagine dell'ambiente in cui sei venuto al mondo e di questa tua mamma che mai vuole rassegnarsi a essere per te solo la povera mamma tanto buona oppure la cara vecchietta».

Così dalle pagine di uno strano diario nasce un documento caldo, coraggioso (di testimonianza irripetibile di autonomia femminile, sottolinea nella prefazione Tiziana Valpiana), senza infingimenti. Quando il marito Carlo, altra luminosa figura della Resistenza, scrisse del trasferimento da San Vittore a Bolzano in cui si conobbero, quale «più bel viaggio della mia vita», Ada lo rimproverò: «Sì, sì, proprio un viaggio magnifico» ebbe modo di commentare con malcelata ironia verso l'amatissimo marito, rammentando le umiliazioni subite nel drammatico trasferimento.

Così quel racconto ci restituisce i mille volti di una donna di impareggiabile coraggio, di determinazione, di non comuni doti organizzative, ma anche capace di confessare senza paura il tenace attaccamento alla vita, agli affetti. Anche dal lager si può pensare a un anello andato perduto e che le piaceva tanto, sognare un reggicalze o una decente camicia bianca mentre non si può escludere che l'indomani si parta sul treno della morte.

Proprio perché Ada è donna forte non ha paura dei propri sentimenti, lotta non solo contro il nemico, ma contro le maldicenze dei compagni di lotta. Senza mai cedere, ma senza mai fingere di celare lo sconforto quando c'è: «Sai - scrive a Lelio Basso nei primi giorni del 1945 quando la partenza per la Germania pare imminente - ieri mi sono guardata allo specchio, ho raramente il tempo di farlo e mi sono trovata tanti - ma proprio tanti- capelli bianchi...Vedi, è un guaio serio mentre la mia giovinezza che sto sprecando quassù non me la ridarà nessuno». È la stessa Ada che raccomanda sempre a Lelio, tra sofferenze difficili da narrare: «Stai allegro anche tu come me, cerca di non essere troppo fedele aderente alla frazione colitica del partito: io sto per dare le dimissioni dalla frazione tubercolotica, perché scoppio di salute e buon umore».

Ada Buffulini
Quel tempo terribile e magnifico
Lettere clandestine da San Vittore e dal lager di Bolzano e altri scritti
a cura di Dario Venegoni
Editore Mimesis
322 pagg. 22 euro

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