I supereroi Marvel tornano protagonisti nelle sale italiane: il titolo più atteso del weekend è «Avengers: Age of Ultron» di Joss Whedon, sequel del film campione d'incassi nel 2012.
In uscita in contemporanea mondiale, la pellicola unisce nuovamente Captain America, Thor, Hulk, Iron Man, Occhio di Falco e Vedova Nera. Questa volta il gruppetto di supereroi (a cui si aggiungeranno anche altri personaggi) dovrà vedersela con Ultron, una creatura malvagia involontariamente creata da Tony Stark, decisa a sterminare il genere umano.
Caotico nella narrazione tanto quanto il primo capitolo, «Avengers: Age of Ultron» punta tutto sull'accumulo: dagli effetti speciali al numero dei supereroi in campo, ogni parte del film è contrassegnata dall'eccesso e non è sempre un bene.
La durata, ad esempio, è a dir poco esorbitante (quasi 150 minuti) e non mancano i momenti di stanca e le sequenze di troppo.
Dall'altro lato, lo spettacolo è come sempre di alto livello, il divertimento per i fan assicurato e il montaggio ben congegnato nelle scene più dinamiche.
Si segnala, però, qualche caduta retorico-sentimentale mentre il 3D è, anche questa volta, un inutile vezzo che non aggiunge molto allo spessore visivo del film.
Ben più profondo è «Short Skin», opera prima italiana firmata da Duccio Chiarini. Protagonista è Edo, un diciassettenne che soffre da anni di una malformazione agli organi genitali che lo rende insicuro nei rapporti con le ragazze. Deciso a scoprire l'amore per la prima volta, proverà con coraggio a superare il problema che lo attanaglia da quand'era piccolo.
Presentato nella sezione Biennale College Cinema della Mostra di Venezia 2014, «Short Skin» è un prodotto originale e curioso, capace di trattare un tema molto complesso con sguardo delicato ed evitando qualsiasi caduta di stile.
La messinscena è un po' acerba e la sceneggiatura altalenante, ma i tormenti di Edo sono credibili e trattati con cura da una regia che riesce a mantenersi in buon equilibrio tra il dramma e la commedia, senza mai esagerare in nessuna direzione. Il risultato è un esordio di casa nostra da non sottovalutare.
Decisamente meno fresco e spontaneo è «Samba» di Eric Toledano e Olivier Nakache.
I due registi di «Quasi amici» mettono in scena l'incontro tra un senegalese in cerca di un permesso di soggiorno e una donna parigina decisa a cambiare vita.
Ricattatorio fin dal soggetto, «Samba» è un lungometraggio troppo costruito a tavolino, artificioso e incapace di emozionare come avrebbe voluto.
Il copione è banale e scontato, poco aiutato dalle fiacche interpretazioni di Omar Sy e Charlotte Gainsbourg. Evitabile, nonostante le belle musiche di Ludovico Einaudi.
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