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Logica e mistica

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Logica e mistica

Fine di marzo del 1905, il giovane matematico olandese Luitzen E.J. Brouwer (1881-1966) presenta a una platea di studenti dell'Università di Delft un testo che verrà pubblicato qualche mese dopo, a inizio di giugno dello stesso anno. Titolo: Vita, arte e mistica (Leven, Kunst en Mystiek). Centodieci anni dopo, Adelphi, casa editrice da sempre attenta alla ricerca e alla pubblicazione di testi eruditi, controversi e di difficile accesso, ne propone la prima traduzione italiana.

Brouwer aveva lavorato a questo testo durante gli anni del suo dottorato. Leggendolo ora possiamo ricostruire il panorama di idee e letture con cui si confrontava durante la redazione della sua tesi, Sui fondamenti della matematica (Over de Grondslagen der Wiskunde, 1907). Uno studio che avrà un'importanza capitale per la filosofia della matematica del ventesimo secolo: getterà le basi della cosiddetta concezione intuizionista della matematica. Secondo questa concezione, la matematica è una creazione (o meglio, una costruzione) della mente umana, indipendente dall'attività linguistica e fondata sull'intuizione dello scorrere del tempo.

L'intuizionismo si oppone a due altre grandi correnti: il platonismo di Gottlob Frege e Kurt Gödel – l'idea per cui la matematica indaga oggetti astratti che esistono indipendentemente dalla mente umana – e il formalismo di David Hilbert e Haskell Curry – per cui invece la matematica non è altro che un'attività di manipolazione linguistico-sintattica di simboli formali concretamente riproducibili su un qualche supporto fisico.

Imbarazzi editoriali
Detto questo, è bene che il lettore sappia che non si trova di fronte a un testo di filosofia della matematica. Come suggerisce il titolo, Vita, arte e mistica è un saggio in cui viene esposta la personale concezione filosofica della vita e del mondo da parte dell'autore. Questa concezione può mettere spesso a disagio per il suo carattere eccentrico, conservatore, e più specificatamente, anti-razionalista, anti-scientista e a tratti persino misogino. Disagio che avrebbe portato l'allievo e continuatore dell'opera di Brouwer, Arend Heyting, a voler estromettere dai Collected Works del maestro queste lezioni, o quantomeno a selezionarne esclusivamente le parti meno compromettenti.
Simili imbarazzi editoriali sono in realtà piuttosto frequenti, anche nel campo della filosofia della matematica. Tra i casi celebri, per esempio, si può ricordare la storia dei diari di Frege (1848-1925), contenenti idee spiccatamente razziste, e in particolar modo antisemite, oltre che critiche a ogni forma di potere costituito, simili a quelle professate dalla destra radicale. Solo qualche estratto non compromettente, riguardante il concetto di numero, fu pubblicato negli Scritti postumi (Nachgelassene Schriften) di Frege apparsi nel 1969. Si dovette invece aspettare il 1994 per leggerne la quasi totalità in una rivista accademica tedesca e il 1996 per averne la traduzione completa in inglese.
Tuttavia, il caso di Brouwer e quello di Frege non vanno confusi. Se i diari di quest'ultimo sono il parto di un delirio politico senile (furono redatti solo per qualche mese, l'anno prima della sua morte), il testo di Brouwer è piuttosto il frutto di un'esuberanza intellettuale giovanile. Dalle lezioni di Vita, arte e mistica traspare lo sforzo di un giovane studioso che cerca di far emergere la sua personale visione del mondo. Anche a costo di esagerazioni e provocazioni, come certe critiche alla razionalità e al progresso scientifico e tecnologico, oppure certe esortazioni a una forma di solipsismo che solo l'uomo, e non la donna, può raggiungere (sic).

Costruire l'ascesi
Ma quel che è decisamente interessante è che il testo contiene, almeno in nuce, alcuni dei temi che diventeranno poi il leitmotiv della filosofia della matematica di Brouwer – non è un caso che lo stesso logico menzionasse Vita, arte e mistica al momento della redazione della sua voce per il celebre dizionario biografico Who's who. Qui sono presenti, in particolare, due tesi che diventeranno poi fondamentali per l'intuizionismo matematico di Brouwer.

La prima, d'ispirazione mistico-ascetica, è l'idea secondo cui la vera realtà è quella del mondo interiore della coscienza del Sé, non quella del mondo esteriore, cioè il mondo fisico, imbrigliato nelle leggi della causalità e assoggettato alle sole relazioni di tipo mezzo-fine. La costruzione quindi di nuove strutture, come quelle matematiche, è qualcosa che viene reso possibile solo rivolgendosi verso il mondo interiore, l'unico capace di garantire una piena libertà all'attività creatrice umana.

La seconda tesi, direttamente associata alla prima, riguarda l'idea secondo cui il linguaggio non fa che riflettere e asservire le relazioni meramente calcolistiche di tipo mezzo-fine. Come uscire da questa logica di asservimento? Secondo Brouwer bisogna abbandonare il linguaggio. L'attività creatrice del matematico potrà dunque esprimersi appieno solo in un contesto a-linguistico, non assoggettato alle limitazioni che l'adozione di un particolare formalismo impone. Certo, le pagine di Brouwer sono piuttosto ostiche. Spesso si rischia di perdere di vista le tesi centrali dell'autore, sommersi dal suo incessante flusso d'idee e di citazioni che spaziano da mistici (Meister Eckhart e Jakob Böhme), a poeti e scrittori (Shakespeare, Goethe, von Chamisso e Flaubert), passando infine per i testi sacri dell'induismo come la Bhagavadgītā. Ciononostante, la traduzione italiana, a cura di Lorenzo Perilli, ha il merito di rendere il saggio assai godibile alla lettura. Il volume, inoltre, è corredato da un bel saggio di Paolo Zellini che aiuta a delineare il lavoro filosofico e matematico dell'autore: una guida preziosa per chi si accosta per la prima volta a Brouwer e vuole approfondire la conoscenza di questa figura assolutamente centrale per la cultura matematica e filosofica del Novecento.

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