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Addio a Rutger Gunnarsson, bassista «fantasma» degli Abba che…

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morto a 69 anni

Addio a Rutger Gunnarsson, bassista «fantasma» degli Abba che cantò «Che sarà» in svedese

Un ritmo avvolgente e una melodia accattivante non ti salveranno dalla fine, avrebbe detto quel matto di Hunter S. Thompson in circostanze del genere. Epitaffio perfetto per Rutger Gunnarsson, bassista nonché quinto membro «fantasma» degli Abba, eroi svedesi della canzonetta disco-dance che dagli anni Settanta a questa parte hanno venduto qualcosa come 378 milioni di dischi.

È morto ieri a Stoccolma, all'età di 69 anni. Nel decennio d'oro dei riempipista a tutti i costi funzionava così: sulle copertine e al centro della scena ci andavano il chitarrista Björn Ulvaeus e il tastierista Benny Andersson, con le rispettive mogli-cantanti Agnetha Fältskog e Anni-Frid «Frida» Lyngstad, ma in sala d'incisione e ai margini del palco Gunnarsson si dava un gran da fare, perché con il suo Hagstrom determinava il groove di una band in cui il groove era quasi tutto. A Ulvaeus era legato da amicizia antichissima: insieme, negli anni Sessanta, si erano fatti le ossa negli Hootenanny Singers che partirono folk ma si ritrovarono presto a rappresentare il tentativo svedese di rispondere all'esplosione mondiale della British Invasion.

Nel 1971 portarono addirittura al successo in Scandinavia «Aldrig Mer», cover di «Che sarà» dei nostri Ricchi e Poveri. Sempre nei Seventies, quando Björn concepì il celebre progetto a conduzione familiare che lo avrebbe portato «Waterloo» e «Dancing Queen», volle Rutger come bassista, circostanza che valse al vecchio amico un bel po' di quattrini più che fama. Perché gli Abba – combinato disposto di musica e marketing - era bene che rimanessero in quattro, con quella componente iconica da «doppia coppia» nordeuropea capace di accendere chissà cosa nell'immaginario collettivo post rivoluzione sessuale.

Le due ragazze - una bionda, l'altra mora – incarnavano agli occhi del mondo l'idea della statuaria bellezza scandinava, mentre i loro due partner avevano l'aria sorniona e la silhouette sovrappeso di una gioventù gaudente. Attitudine glam per un progetto musicale in cui nulla era lasciato al caso. Meno che mai il nome: erano gli Abba per via delle iniziali dei loro nomi, certo, ma anche perché le parole palindrome si dimenticano difficilmente. E soprattutto perché, in quanto Abba, erano certi di finire in cima agli espositori di dischi organizzati in ordine alfabetico.

Gunnarsson suonava e restava nell'ombra ma la partnership, dopo lo scioglimento della band datato 1983, diventerà viatico per importanti altre collaborazioni in ambito pop, nelle vesti di bassista e arrangiatore di archi per gente come Elton John, Adam Ant e Celine Dion o produttore per Gwen Stefani. Artigiano di lungo corso della musica, negli ultimi anni ha arrotondato grazie al genere musical, collaborando a spettacoli dal successo internazionale come «Les Misérables», «Chess» e «Mamma mia!», questi ultimi due inscindibilmente legati alla parabola degli Abba. Al cui successo internazionale Gunnarson deve tutto, si sa, ma ha dato anche molto. E questo – beffardo destino dei turnisti - lo sanno in pochi.

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