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I Doors secondo la tromba di Luca Aquino, apostolo del Miles elettrico

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MUSICA

I Doors secondo la tromba di Luca Aquino, apostolo del Miles elettrico

Per cominciare a scrivere questa recensione potremmo partire da luoghi e tempi molto diversi tra loro. Venice Beach California, anni Sessanta. Oppure Columbia Studio E, New York City, primi anni Settanta, dove Miles Davis regista «On the Corner». O ancora la Bologna di oggi, dove ha sede il quartier generale della Tŭk Music di Paolo Fresu. Tuttavia preferiamo partire dalla Campania dei primi anni Novanta. All'epoca e a quelle latitudini un film - «The Doors», biopic che Oliver Stone dedicò a Jim Morrison – ebbe un'influenza straordinaria sulla generazione di musicisti o aspiranti tali nati negli anni Settanta: se suonavi in una cover band e volevi esibirti in un locale, dovevi avere in repertorio almeno un paio di pezzi della band di Venice Beach.

Abbiamo ottime ragioni di credere che Luca Aquino, trombettista beneventano classe 1974, si sia formato esattamente in quel contesto. Ne è prova «OverDOORS», suo ultimo album da band leader appena pubblicato dalla Tŭk di Fresu, disco tributo molto particolare al gruppo del Re Lucertola che mescola jazz, funk, progressive e psichedelia con una certa ambizione e grande disinvoltura. In altri tempi si sarebbe detto fusion, ma ormai il termine è abusato, per cui meglio starne alla larga. L'apertura è affidata a «Peace Frog», estratto da «Morrison Hotel» che rappresenta un po' la dichiarazione programmatica di quello che Aquino vuole: un'escursione in quella lussureggiante terra di nessuno che sta tra il Davis della svolta elettrica, i primi Nucleus e i Soft Machine di «Six» e «Seven». Groove potente, garantito dalla chitarra acida di Antonio Jasevoli e dalla sezione ritmica composta da Dario Miranda (basso) e Lele Tommasi (batteria), su cui s'innesta la linea melodica della tromba del band leader che sembra provenire da qualche fumoso sottoscala del Village.

La cover di «Waiting for the Sun» incrocia le coordinate di alternative rock e contemporanea, tirando uno schiaffo in faccia ai tanti conservatori che ancora reputano una bestemmia una chitarra distorta in habitat jazzistico. La title track, unico brano originale del disco, è un'improvvisazione trombettistica su scale doorsiane che apre le porte a una melanconica versione di «Blue Sunday», ballad sempre da «Morrison Hotel» nella quale la chitarra di Jasevoli si mette in mostra a colpi di riverberanti fraseggi. Non mancano le ospitate illustri: da Petra Magoni che ci regala una sofisticata versione, bluesy e punk al tempo stesso, di «Queen of the Highway», a Rodolphe Burger, anomalo chansonnier francese che incornicia una sepolcrale «Riders on the Storm», ancora a Carolina Bubbico, voce sospesa di un'onirica «Indian Summer», roba che farebbe impazzire David Lynch. Aquino e soci si prendono anche il rischio di confrontarsi con «Light my fire», brano così popolare da mettere in crisi, a suo tempo, persino lo stesso Morrison. Se la cavano allontanandolo il più possibile dal perimetro originario, sino a indurre un effetto di intrigato straniamento nell'ascoltatore. Che, felice, non può non ringraziare.
Luca Aquino - «OverDOORS» - Tŭk Music

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